Quella casa “umana” di Auschwitz

“La zona d’interesse” di Jonathan Glazer è disponibile on demand a pagamento sulla piattaforma NOW di Sky (www.nowtv.it)

Anni ‘40 del Novecento, Polonia. La vita quotidiana, ordinaria e felice, di una famiglia tedesca scorre tra lavoro per lui, incontri con le amiche per lei, gite con i bambini. Ma quella in cui entriamo è la “normalità” agghiacciante della casa in cui con la moglie Hedwig e i figli abita l’ufficiale nazista Rudolf Höss, direttore del campo di concentramento di Auschwitz, un piccolo paradiso accanto all’inferno. Per il Giorno della Memoria, in oltre 200 sale italiane è stato proiettato “La Zona d’interesse” del regista britannico Jonathan Glazer, con le musiche di Mica Levi, acclamato come opera imprescindibile sulla perdita dell’umanità e sulla banalità del male. Tra i tanti riconoscimenti, la pellicola ha vinto due Premi Oscar – Miglior Film Internazionale e Miglior Sonoro -, il Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, tre Premi Bafta, l’European Film Award per il miglior sonoro e ha appena ricevuto il “Premio Film della Critica 2024” del Sindacato nazionale Critici italiani (SNCCI), consegnato il 20 gennaio al Trieste Film Festival.

Liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Martin Amis (Einaudi, 2015), il film offre un nuovo punto di vista sull’Olocausto senza entrare dentro ad Auschwitz né dire cosa accade oltre il muro. Glazer mostra la vita apparentemente normale dei protagonisti, ma Rudolf Höss, padre meraviglioso per i suoi figli, è tra gli ideatori del piano di sterminio degli ebrei, “la soluzione finale”, e la bella villetta con giardino e piscina confina con il campo, separata solo da un muro. Una situazione straniante di paradossale armonia e serenità in cui la tragedia, così vicina e lontana, è celata allo sguardo, lasciando, tuttavia, emergere la contraddizione lacerante tra l’impossibilità di rappresentare il Male – evocato dai suoni in sottofondo – urla, spari, cani che ringhiano, rumori sinistri di prigionieri che marciano legati, mentre nell’aria si vedono alzarsi nuvole di cenere -, e la sua presenza incombente. La famiglia Höss vive nella “zona di interesse”, nel gergo militare i 40 chilometri intorno al campo di sterminio. Per esteso, la casa, simbolo fisico di rifugio e sicurezza, è quello spazio privato, intimo, della nostra vita che più ci interessa proteggere dall’altro e dalla sua potenziale minaccia al nostro benessere.

La Shoah è stata la negazione disumana e crudele del principio dell’inviolabilità dei diritti umani, tenendo l’altro fuori dalla “casa umana”, non meritevole di farne parte e annientato perché diverso. Rischio tuttora esistente: “Il museo degli orrori del ‘900 – si legge nella motivazione del SNCCI – pulsa sotto la rigida geometria delle immagini attraverso le suggestioni sonore, gli inserti subliminali, le visioni dal futuro che è poi l’incubo ritornante delle guerre del nostro presente”. Secondo la Commissione Film Cei “è un film da vedere, rivedere, condividere come proposta educativa per la custodia della memoria”.

Il 27 gennaio, nell’80º anniversario della liberazione del campo, la casa dove ha vissuto Rudolf Höss con la famiglia dal 1941 al 1944 è stata aperta al pubblico come sede del Centro Ricerca sull’odio e la radicalizzazione di Auschwitz.

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