Quelle identità nascoste, lupi in vesti d’agnello

È una di quelle storie, semplici e tragiche, che lasciano una montagna di interrogativi. Perché, da qualsiasi parte la si guardi, qualcosa sfugge e tanto inquieta. Daniele, un ragazzo di 24 anni di Forlimpopoli, si è tolto la vita dopo aver saputo che la ragazza con cui aveva avuto una relazione via chat era – diversamente da come si era presentata – un uomo di 64 anni. Il rapporto era durato oltre un anno, messaggi quotidiani (più di ottomila), ore e ore condivise alla tastiera, la prospettiva di organizzare, finalmente, un incontro, di andare a vivere insieme. La famiglia del giovane è riuscita a scoprire il motivo del gesto disperato solo un anno dopo.

Ci si chiede come sia possibile che non esista alcun controllo sull’identità degli interlocutori virtuali: in effetti il cosiddetto “catfishing”, l’utilizzo di un account falso, è fenomeno piuttosto diffuso sui social. “Avvenire”, qualche giorno fa, ha raccontato la storia di Fabio, che ha 38 anni, che di mestiere fa il medico. Anche lui, come Daniele, seppur con una maggiore maturità dovuta all’età e alla professione, si è invaghito di una ragazza conosciuta in rete che però, dopo due anni, si è dissolta. Ha presentato denuncia e le tracce della connessione portano in Nigeria dove (a differenze dei paese europei che si sono dotati di una normativa stringente) lo spazio per operare in maniera camuffata è assai ampio ed è impossibile procedere per carenza di giurisdizione.
La sostituzione di identità, spiegano coloro che stanno studiando il fenomeno, è diffusa e molto pericolosa. Non solo per le delusioni che possono rovinare una vita, ma anche per i reati che spesso si accompagnano a questo tipo di attività: la truffa, il ricatto, l’estorsione.

Chi frequenta i social sa benissimo che trovare account anonimi, con nomi inventati o falsi, è abbastanza frequente. Dietro a queste identità inesistenti si nascondono, ad esempio, “leoni della tastiera”, quei commentatori che alzano i toni, attaccano a testa bassa, seminano odio e agiscono quasi sempre indisturbati, creando tantissimi danni: alle persone prese di mira e – si pensi al caso americano dell’assalto a Capitol Hill – allo stesso tessuto democratico di un paese.
Altra situazione pericolosa è quella che viene definita “romance scam” e che si può tradurre con “truffa romantica”: quegli incontri che si fondano sul bisogno di trovare – in rete – un po’ di compagnia, una persona con cui dialogare, un’occasione per uscire dalla solitudine. Talvolta, però, tutto questo si traduce in raggiro, con la manipolazione che colpisce duro sul piano psico-fisico, e talvolta anche nel portafoglio.

Vittime del “romance scam” sono in particolare le donne di mezza età, circuite da falsi corteggiatori – evidenzia la Polizia postale – soprattutto dopo una lunga relazione sentimentale finita male, magari con i figli che vivono autonomamente. La solitudine che rende vulnerabili e spinge alla ricerca di compagnia sul computer o sullo smartphone. La rete e i social, insomma, come una moderna piazza dove si può dialogare e ci si può anche incontrare. I pericoli sono presenti in ogni piazza, in ogni luogo dove si cerca di conoscere delle persone. Ma in rete si sono moltiplicati i lupi che si presentano con l’account di falso agnello.

La vicenda di Daniele ha però portato ad una seconda tragedia. E questa volta ad essere messa sotto accusa è una certa televisione e un certo modo di fare giornalismo. La persona che aveva ingannato il giovane romagnolo, dopo essere stata denunciata e condannata, è stata, infatti, avvicinata dall’inviato di una trasmissione nazionale (“Le Iene”) che in questi anni si è sempre caratterizzata per servizi molto aggressivi, interviste incalzanti fatte in strada, domande pressanti poste senza tener conto del contesto. L’uomo, ad esempio, si trovava con la madre e la stava spingendo in carrozzina. In sede di montaggio, il volto dell’uomo era stato in qualche modo oscurato, ma era comunque perfettamente riconoscibile. All’indomani della messa in onda del servizio, si è tolto la vita.
In questo caso, ad essere investiti dalle polemiche sono stati il servizio televisivo e lo stesso stile della trasmissione. Al punto che l’amministratore delegato di Mediaset, Piersilvio Berlusconi, è dovuto intervenire prendendo le distanze dagli autori: “Non deve più succedere, siamo andati oltre ciò che è giusto”.

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