Religione e fanatismo

Tutto sembra dirci: non è più tempo per la dolcezza né per la tolleranza. Siamo in guerra? Il fanatismo, nelle sue varie sfumature e realtà, per definizione non contempla il dialogo. Coltivare l’illusione che sia possibile questo dialogo serve solo a farci sentire buoni, magnanimi. Gli integralisti religiosi di ogni specie non sono uomini liberi, curiosi, non amano la Vita, vengono indottrinati come bestie da circo sin dalla tenera età o aderiscono ad una dottrina stupida per vuoto o odio.

Forse lo dimentichiamo troppo spesso…? E non perché siamo coraggiosi uomini di pace: non si tratta più di una incensazione del nostro Ego?

Mi ritrovo sempre più convinta che le religioni (tutte) siano una delle peggiori piaghe nella storia dell’umanità… Altra cosa, la spiritualità… da cui molto spesso la Religione è estremamente lontana. Cosa ne pensi?

Isabella

La tua lettera ci riporta alla triste attualità di questi giorni. La tua riflessione è complessa e sicuramente centra la questione dirimente sul che fare non solo nei riguardi del terrorismo più becero e disumano, ma pure nei confronti di certo fanatismo che utilizza la religione per i suoi barbari e sanguinari fini.

Con i fanatici non ci può essere dialogo perché sono loro che non lo vogliono. Lo scrittore israeliano Amos Oz utilizza un’immagine molto azzeccata: il fanatico è un punto di esclamazione ambulante. Il punto esclamativo è proprio l’opposto di quello interrogativo; ed essere aperti alla domanda, alla discussione, alla diversità è il presupposto fondamentale per qualsiasi dialogo e tolleranza.

Occorre affrontare il male con durezza e senza sconti. Tuttavia occorre farlo con grande intelligenza: a volte reazioni troppo istintive finiscono per fare il gioco di chi si è dichiarato nostro nemico e vuole farci la guerra. Dire però che “siamo in guerra” significa mettersi sullo stesso piano dei terroristi e soprattutto sbagliare il bersaglio. Forse si utilizza la parola “guerra” per dire che siamo di fronte a un pericolo reale, esiziale, da combattere con ogni mezzo. Nello stesso tempo però la guerra evoca la sospensione del diritto, lo schieramento di eserciti, lo scontro armato e implica che tutti i diversi (per nazionalità, religione, etnia, colore della pelle) siano da considerarsi nemici. Possiamo forse mettere in galera tutti i musulmani, solo perché i terroristi si dichiarano tali? Oppure tutti gli immigrati perché non hanno la nostra identità? Oppure gli italiani (o i francesi) che magari hanno un genitore arabo o straniero? Cacciarli tutti? Non è ovviamente possibile. E genererebbe una guerra sì, ma civile. Quello che vogliono i terroristi. Occorre invece un lavoro di polizia che distingua, soppesi, e colpisca con precisione (inutile sparare nel mucchio).

Veniamo ora al rapporto tra religione e fanatismo. Benché abbia numerosi dubbi rispetto al collegamento diretto tra religione e l’attuale terrorismo di matrice islamista, sarebbe da sciocchi non vedere i danni devastanti che una religione (qualsiasi) piegata all’integralismo può recare all’umanità. Il poeta latino Lucrezio finiva il racconto dell’uccisione di Ifigenia per opera del padre Agamennone (che, guarda caso, voleva ingraziarsi gli dei per poter partire per una guerra) con questo celebre verso: “Tantum potuit religio suadere malorum”. Che bisognerebbe tradurre con “a così grandi mali la superstizione poté indurre”. Quanto è vero!

Tu contrapponi la religioni alla spiritualità ma si potrebbero trovare altre distinzioni. Il rapporto con la trascendenza, che tu chiami spiritualità, è connaturato all’uomo, entra nel suo intimo come la cosa più profonda e segreta: può sprigionare infinite energie di bene, ma pure condurre agli abissi del male. Perché non si può tenere in pugno il mistero, quello che le religioni monoteistiche chiamano “Dio”. I fanatici vogliono essere superiori a Dio, commettono la bestemmia più grande. E purtroppo i più deboli possono venire irretiti da questi impostori. Loro utilizzano la religione per i propri fini di potere.

Esiste però un piano ancora ulteriore. Papa Ratzinger aveva detto più volte che la religione (anche quella cristiana) deve sempre “purificarsi” attraverso la ragione: vuol dire che un ateo di buona volontà può insegnarci di più di un prete di qualsiasi credo che pretende di poter essere l’unico a parlare in nome di Dio. La fede non può essere astratta, ha bisogno di segni concreti, di luoghi, di istituzioni. Ma quando le istituzioni, in cui per forza è presente denaro e potere, si fanno superiori a Dio, vuol dire che sono fuori strada. Possono giustificare tutto.

Una religione purificata (chiamiamola fede o spiritualità) non possiede la verità, non vuole imporla agli altri, genera attenzione, magnanimità, libertà, curiosità, vita, pace, dolcezza. Solo la misericordia, per dirla con Papa Francesco, ci può davvero guidare al bene. Altrimenti prevarranno le forze del caos e della morte.

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