Riserva sorprese il cinema dell’Est, lo dice Trieste

Tvornice Radnicima, miglior documentario

Un lungometraggio a soggetto romeno e un documentario croato sono i vincitori della 33a edizione del Trieste Film Festival che è ritornato in presenza (ma anche, almeno in parte, su mymovies) dopo che lo scorso anno si era svolto solo online vista la pandemia. A fine gennaio, il festival, organizzato da Alpe Adria Cinema e diretto da Nicoletta Romeo e Fabrizio Grosoli, ha proposto, tutti in anteprima italiana, 11 film in concorso e 12 doc. Una ricca panoramica – anche se, rispetto a precedenti edizioni, forse di un minor livello medio complessivo – di “pellicole” provenienti dall’Europa centro orientale e dai Balcani occidentali.

Tra i lungometraggi ha prevalso Intregalde di Radu Muntean. Racconto di tre “umanitari” di una ong che portano aiuti in una zona sperduta e montagnosa della Romania e che si trovano al centro di alcuni “imprevisti” (la macchina in un fosso), al freddo e in mezzo al nulla. La situazione estrema e la relazione con un anziano del posto a dir poco “instabile” mettono a dura prova i reciproci rapporti del trio svelandone a fondo caratteri e sensibilità. Che la scelta del miglior film sia stata più che mai discussa dalla giuria composta dai critici Emanuela Martini, Dubravka Lakic e Edvinas Puksta ne è testimonianza l’assegnazione, anche, di un paio di menzioni che, a nostro avviso, sono le vere sorprese del festival.

Strahinja Banovic (As far as i can walk) del serbo Stefan Arsenijevic è una storia d’amore di una coppia africana rifugiata in Serbia che si intreccia con il racconto del poema medievale serbo che dà il titolo al film. Originale nell’intreccio e dagli esiti imprevedibili “il lungometraggio intende connettere (riuscendovi, ndr) – riferisce il regista – due mondi distanti: quello tradizionale serbo e quello moderno degli immigrati”.

L’altra segnalazione è andata a Kelti (Celti) della serba Milica Tomovic. Opera di grande complessità registica che sovrappone e accosta più piani narrativi, si focalizza su un ritrovo di famiglia, del pigiama party organizzato in occasione del compleanno della figlia dei padroni di casa. “è un film sulla dissoluzione di un Paese, la Jugoslavia – ha detto la regista – e la perdita della propria identità”.

Miglior doc è risultato Tvornice Radnicima (La fabbrica ai lavoratori) del croato Srdan Kovacevic sull’occupazione di uno stabilimento che si trasforma in una forma alternativa di produzione.

Per i corti il primo premio è stato vinto da Pa Vend (Da un posto all’altro) del kosovaro Samir Karahoda su un circolo di ping pong.

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