Storia “nera” per la val Daone

Il paesaggio invernale, innevato, della val Daone non fa solo da sfondo al film “La foresta di ghiaccio” di Claudio Noce, regista romano qui al secondo lungometraggio dopo il premiato “Good Morning Aman”. Nella torbida storia di immigrazione clandestina (dalla Slovenia verso l’Europa occidentale) regolata da bande che si guardano in cagnesco e ambientata nel Chiese – tra la centrale di Cimego, i boschi di Roncone, gli sbarramenti delle dighe di Bissina e Boazzo e le baite di Limes – pare infatti palese la corrispondenza tra l’asprezza del territorio (anche per l’intervento invasivo dell’uomo) e il degrado e l’abbrutimento delle coscienze dei personaggi protagonisti della “pellicola”. Quasi che l’uno come gli altri rispondano alla stessa legge, quella, spietata, di natura, all’occhio per occhio, dente per dente.

Thriller dai risvolti sociali, come ha sottolineato il regista nel presentare il lavoro alcuni giorni fa al cinema Modena di Trento alla presenza dei tanti attori e comparse locali che vi hanno partecipato, “La foresta di ghiaccio” ha ricevuto un contributo di 180 mila euro dalla Trentino Film Commission. E la produzione ne ha spesi poco più di 294 mila sul territorio.

Il film è interpretato dalla doppia palma d’oro Emir Kusturica (“Underground” e “Papà è in viaggio d’affari”), Adriano Giannini (visto di recente a Venezia in “Senza nessuna pietà” di Alhaique), Ksenia Rappoport (“La sconosciuta” di Tornatore), dal giovane Domenico Diele (“Acab” di Sollima), una faccia troppo da bravo ragazzo per la parte che sostiene, e dal roveretano Giovanni Vettorazzo. Pur con qualche incongruenza, il noir alpino risponde alle regole del genere, dove la vendetta “giusta”, se mai ce ne fosse una, ma che dello stato di natura è una delle manifestazioni, la fa da protagonista. “Si sarebbe potuto ambientare il plot in un contesto metropolitano – ha detto Noce – ma avevo bisogno di silenzio, di aprire una porta per me nuova”.

Riguardo al rapporto con Kusturica, il regista ha affermato “che non è stato sempre facile anche perché Emir, da grande regista qual è, ha proposto spesso delle soluzioni diverse da quelle previste. Comunque, alla fine, si è sempre tracciata la strada che avevo indicato. Certo, Kusturica ci ha messo del suo dando al personaggio interpretato, il capo di una banda di trafficanti di clandestini, umanità ma anche una violenza bestiale”.

Nel corso della serata, la regista trentina Katia Bernardi ha presentato il documentario sul backstage. Per il film si è dovuto attendere parecchio, visti alcuni gravi problemi tecnici. E la sala si è mezza svuotata.

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