TikTok, il social campione di leggerezza

Le crisi di Facebook e di Instagram sembra aver spianato a TikTok la strada verso il primato

Agosto, tempo di leggerezza, anche se quest’anno le inedite elezioni politiche a settembre, la guerra in Ucraina, le conseguenze della pandemia e l’inflazione che rincorre la doppia cifra, sembrano comunque aver tolto spensieratezza alla stagione delle vacanze. Sui social, la piattaforma campione della leggerezza è senza dubbio TikTok. All’inizio era il riferimento dei giovanissimi, oggi ha allargato il proprio raggio di azione e c’è da scommettere che sarà tra i protagonisti della campagna elettorale. Del resto, il nuovo presidente della Colombia ne sa qualcosa: Gustavo Petro, al ballottaggio, ha dovuto vedersela non con il candidato ufficiale della destra, Federico Gutierrez, ma con Rodolfo Hernandez, un ingegnere non giovanissimo (77 anni) che ha impostato tutta la campagna elettorale con brevi video, slogan e musica, tanto da arrivare ad esser definito “the king of TikTok”, ovvero “il re di TikTok”. Alla fine, ha vinto Petro, ma per battere Hernandez, ha dovuto pure lui – pare controvoglia – cimentarsi nel campo avversario, quello dei brevi video sui social. Del resto, TikTok arriva dove giornali e televisioni non riescono ad arrivare.

A differenza di Facebook, dove è lo scritto a dominare post e commenti, e superando Instagram, dove prevale la forza della fotografia, TikTok privilegia video molto brevi (15/20 secondi) dove sono le immagini e la musica a farla da padrone, catturando – al pari degli spot pubblicitari – l’attenzione dell’interlocutore, sempre più incapace di selezionare razionalmente tra i troppi messaggi che gli arrivano e sempre più vulnerabile rispetto a comunicazioni semplici, “leggere”, per l’appunto, cariche di suggestioni emotive come solo le clip “immagini/musica” riescono ad essere.

Per comprendere il fenomeno TikTok basterebbe conoscere la storia di Khaby Lame, un ragazzo di 22 anni, nato in Senegal, ma in Italia da quando aveva un anno. Nei giorni scorsi è diventato cittadino italiano, con tanto di giuramento nella sala consiliare di Chivasso, la cittadina piemontese dove è cresciuto e dove è diventato famoso grazie proprio a quei video senza parole che l’hanno portato ad essere il tiktoker più seguito al mondo: quasi 150 milioni di follower. Niente male per un ventenne che due anni fa, ad inizio lockdown, operaio senza specializzazione, perse il posto di lavoro a causa del Covid e si trovò a “fare i conti con la noia” in una piccola stanza di una casa popolare in quelle periferie dove i ragazzi di colore sono guardati con sospetto e ben poca simpatia anche se poi, proprio la capacità di suscitare simpatia è risultata l’arma vincente per una rivincita sull’emarginazione. Cominciò a pubblicare brevi video fatti con il telefonino, piccole prese in giro degli influencer e dei tutorial che spopolano in rete. La sua forza? Un pizzico di fantasia, il linguaggio facciale, lo sguardo scanzonato e pochi, semplici gesti con le mani. Ora è personaggio richiesto da tutto il mondo della pubblicità, personaggi dello spettacolo (e non solo) se lo contendono per un selfie per arricchire le gallerie dei propri social: un traino (con lauto guadagno) per meccanismi altrettanto redditizi. Forse il ragazzo di Chivasso ballerà una sola stagione. Dipenderà dal suo estro, dal genio artistico e – non dimentichiamolo – dagli algoritmi che guidano i social, compreso TikTok.

La più sbarazzina delle piattaforme, con numeri sempre in crescita (sino a sfiorare il miliardo di iscritti), non è solo la più “leggera” e “giovanile” (e non solo perché è partita rivolgendosi innanzitutto e soprattutto ai giovanissimi), ma corre veloce per diventare anche la più importante. Le crisi di Facebook e di Instagram sembrano aver spianato la strada verso il primato. Riproponendo vecchie questioni (chi controlla queste piattaforme? Come vengono gestite? Quali sono i sistemi di controllo e di accertamento delle violazioni?) e ponendo nuovi interrogativi legati, in questo caso, alla proprietà cinese di TikTok e al possibile ruolo del governo di Pechino sia per quanto riguarda il controllo, la raccolta e la gestione dei dati degli utenti, e il suo utilizzo per meccanismi di disinformazione.

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