Trentino, la lenta crescita di un sistema accogliente

Che il Trentino stia crescendo poco è ormai acclarato, visto il trend dall’inizio del millennio, ma forse non così poco come sembra. Proviamo a immergerci nei numeri.

Escludendo l’anno 2020, «inquinato» dai danni della pandemia, l’ultimo dato omogeneo disponibile per confronti fra territori è riferito al 2019, nel quale l’aumento del nostro PIL pro-capite rispetto al 2000 risulta pari al 34,3 per cento: a prezzi correnti, in diciannove anni, non è un gran che.

Perfino l’Italia nel suo complesso ha fatto meglio di noi (+38%), ma il confronto appare davvero impietoso con la cavalcata che nello stesso periodo hanno compiuto l’Alto Adige (+56,8%) e le regioni vicine dell’arco alpino, come Tirolo, Vorarlberg e Salisburgo (con incrementi dal 75 all’80 per cento), la Baviera (+66,6%) e l’Europa a 27 Stati (+70,9%).

Fortunatamente il Trentino, grazie ad un ottimo livello di partenza, si ritrova comunque a fine 2019 con un PIL di € 39.463 per abitante, accostato alla Lombardia a guardare dall’alto il Veneto, l’Italia, l’Unione europea e la zona euro. Ma non l’Alto Adige e l’area tedesca, a cui nel 2000 eravamo incollati o superiori, e che oggi ci rifilano invece distacchi dell’ordine di 8-9 mila euro per abitante, fino ai 14 mila euro che ci separano da Salisburgo. Questi dati un po’ sorprendono, a fronte degli ottimi indicatori di attività, benessere, innovazione e sostegno alle imprese che da anni premiano la nostra provincia.

Crescita del PIL e della popolazione: confronti. Nostra elaborazione su dati Ispat – Istituto di statistica della Provincia di Trento. Sistema informativo degli indicatori statistici (PIL pro-capite a prezzi correnti)

In effetti, per spiegare almeno in parte questa crescita lenta, senza smentire la reputazione del Trentino come sistema ad alta sostenibilità, può venirci in aiuto la correlazione fra la dinamica del PIL e il movimento demografico. Questa correlazione, non di rado trascurata, svela un aspetto interessante: sempre nel periodo 2000-2019 la popolazione trentina è aumentata del 15%, pari a 71 mila abitanti in più, derivanti, negli ultimi anni, dal solo saldo migratorio, cioè l’eccedenza delle iscrizioni anagrafiche di persone provenienti da altre regioni italiane o dall’estero, rispetto alle cancellazioni.

Questo ritmo demografico è sostenuto soltanto dall’Alto Adige (15,5%) e con qualche punto in meno dal Vorarlberg (13,4%) e dal Tirolo (12,8%). Risulta invece inferiore in altri territori di confronto nazionali (Lombardia: 11,4%; Veneto: 8,2%; Italia: 4,7%) tedeschi (Salisburgo: 8,5%; Baviera: 7,3%) ed europei (UE: 4,2%; area euro: 6,5%). La popolazione trentina è dunque cresciuta di oltre il triplo della media nazionale ed europea e ben più di altre importanti regioni. Ciò è un concreto indizio di attrattività del sistema, ma anche di una possibile sottostima della sua reale capacità di crescere. Infatti, benché il flusso migratorio porti con sé anche nuove energie lavorative e quindi PIL, nello stesso tempo assorbe opportunità di mercato, posti di lavoro e servizi generati dal sistema locale, cioè fattori di sviluppo da ripartire fra un numero maggiore di persone, sicché l’effetto finale sulla crescita dipende dalla produttività dei nuovi arrivi.

Un banale richiamo aritmetico ci avvisa che, con un incremento demografico del 15 per cento, per ottenere una crescita del PIL pro-capite del 34,3 per cento, come nel caso trentino, il PIL provinciale ha dovuto aumentare del 54,4 per cento, oltre venti punti in più di ciò che sarebbe servito a popolazione costante. A dire che il nostro sistema è probabilmente meno statico e più accogliente di quanto si creda. Se poi nascessero anche più bambini…

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