Tu mi hai toccato il cuore

Sap1,13-15;

Salmo 29 (30);

2Cor8,7-15

Mc 5,21-43

In questa nostra estate, rovente non per il meteo stagionale ma ancor più per il clima politico-sociale che stiamo vivendo, la Parola di questa domenica ci può aiutare a porre un possibile freno alle spesso disordinate emozioni che ci attraversano, ri-orientando e rafforzando il nostro impegno nell’operare per il bene e la giustizia, perché – è bene ripeterlo ancora – nella logica cristiana Parola e vita vogliono crescere assieme.

Fin dai primi versetti tratti dal libro della Sapienza, oggi la buona notizia si fa strada con queste magnifiche parole: «“Dio non ha creato la morte…ha creato tutto per l’esistenza…”!» (Sap 1,13). Accogliamo subito, e facciamo nostre, le possibili obiezioni che si possono mescolare all’ascolto di queste rassicuranti e gioiose affermazioni. Tutti noi conosciamo l’altro lato della medaglia: pensiamo al pesante carico di dolore personale, come quello ad esempio di lutti drammatici o improvvisi; o a drammi sociali, dei quali le migliaia di persone profughe affogate nel Mar Mediterraneo, «cimitero a cielo aperto», oggi ci sembrano un possibile tragico emblema. Non è forse la morte in questi casi ad imporsi? Tutta la Scrittura è attraversata da queste realtà di limite e precarietà che non tiene affatto occulte: il vangelo stesso fra poco ce lo confermerà. Ma nello stesso tempo questa è la costante sfida della Parola: la fede nella forza della vita che sa superare la morte; la fede in quella Vita che per noi ha il nome di Gesù; anzi è Gesù stesso! (cfr. Gv 11,25)

Ad un primo ascolto del brano dell’odierno Vangelo si può essere tentati di porre maggiore attenzione alla vicenda della figlia di Giàiro. Questi, capo della sinagoga, in preda all’angoscia profonda per la possibile morte della propria giovane figlia, non esita a gettarsi ai piedi di Gesù implorando per lei la salvezza. A questa richiesta il Maestro sembra dimenticare il clima di ostilità che da parte delle autorità giudaiche si è già creato nei suoi confronti, accogliendo la supplica dell’uomo. (cfr. Mc 3,1-6) L’evangelista infatti annota che “andò con lui” (Mc 5,23) espressione, che pure nella sua concisione, sa esprimere bene la vicinanza nei confronti del dramma di questo padre che Gesù manifesta: non vengono riportate parole, ma Egli va con lui, si affianca a Giàiro nel suo cammino, condividendone insieme le inquietudini e le attese. La folla, ben presente in questo racconto, li segue e si ascolta che «gli si stringeva attorno» (Mc 5,24), particolare non secondario, come vedremo, per porre più attenzione al prossimo incontro che Gesù avrà con colei che viene denominata «emorroissa». Partecipando ai sentimenti del capo della sinagoga questo incontro può apparire quasi un inciampo rispetto l’impellenza della situazione di sua figlia, ma è bene per noi volgere piuttosto l’attenzione alle azioni e “reazioni” di Gesù. Quest’altra figura femminile della emorroissa si avvicina a quella della giovinetta morente che ha dodici anni, ovvero – per l’epoca – il tempo dell’età da marito, il tempo della fecondità. Entrambe infatti sono private di questa possibilità di far nascere; la donna con le sue perdite di sangue era in uno stato d’impurità che le impediva qualsiasi contatto umano: non poteva avere rapporti con il marito dal quale poteva provenirle anzi il disprezzo. In tutte e due le donne la vita di relazione e l’affettività sono mutilate: non c’è vita! La dettagliata descrizione dell’evangelista Marco rappresenta bene quanto l’attuale situazione della donna che vuole avvicinarsi da dietro a Gesù sia critica: dopo aver tentato tutti i rimedi umani rimane privata della salute e povera. Una cosa però le è rimasta: il desiderio di vita! E così «udito parlare di Gesù» (Mc 5,26-27), osa infrangere i vincoli della legge e piena di fede, da dietro tocca il mantello Gesù; per lei ciò basterà a salvarla! Questo tocco, pieno di affidamento a Lui, provocherà l’immediata guarigione; nella calca di una folla vociante e invadente, Gesù è toccato nello spirito da una richiesta di salvezza carica di attesa e fiducia: il versetto del salmo «Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito» (Sal 29) qui trova conferma. La domanda che lascia sconcertati i discepoli: «Chi ha toccato le mie vesti?» (Mc 5,30) risponde ora al desiderio del Salvatore di vedere il volto, di dialogare con colei che ha creduto in Lui. É bello ascoltare come la donna sanata, pur nella possibilità di sparire fra la folla, benché «impaurita e tremante» trova il coraggio di porsi ora di fronte a Gesù e raccontargli tutta la verità (Mc 5,33). Questo andare davanti a Lui aprendogli tutto il cuore le permetterà di ottenere una guarigione integrale: non sarà solo il corpo ad essere sanato ma anche la sua storia; la sua interiorità resa trasparente davanti non solo a Gesù, ma a tutta la comunità le porterà in dono una profonda libertà. Le parole che Gesù pronuncia dopo averla ascoltata: «Figlia la tua fede ti ha salvata» diventano il suggello per un nuovo l’inizio, una rinascita nella sua totalità. Giàiro alla luce di quanto accaduto, benché avvisato della morte della figlia è invitato da Gesù a continuare ad avere fede; e quella fede prima immatura e parziale ora divenuta più solida e convinta permetterà a Gesù di far “risorgere” (traduzione dell’«alzati») sua figlia. Gesù toccando, prendendo la mano della dodicenne le trasmetterà quel germe di vita che le permetterà di tornare a vivere, anche oltre la morte fisica che un giorno le accadrà. «Dio ha creato l’uomo per l’immortalità» (prima lettura Sap 2,24): questa è la fede che ci chiede Gesù; questa è la speranza che vogliamo mantenere viva!

a cura della Comunità Monastica di Pian del Levro

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