Un’attesa operosa

L'avvento è un tempo propizio per riflettere sul passato e sul futuro

Una barzelletta che girava ai tempi del Concilio Vaticano II aveva come protagonista il cardinal Siri, ricordato per essere un insigne rappresentante della minoranza conservatrice dei Padri conciliari. Il cardinale veniva accompagnato in automobile da casa sua in Vaticano, dove si tenevano i lavori del Concilio, da un autista romano che conosceva ogni scorciatoia per evitare il traffico di Roma. Il cardinale si fidava completamente di lui e sovente coglieva l’occasione di fare, durante il tragitto, un breve sonnellino. Un giorno accadde che il riposo cardinalizio durò più a lungo del solito. Svegliatosi, Siri si ritrovò a Orte. “Ma perché siamo qui? Dove mi sta portando?” si rivolse un po’ stupito e stizzito il cardinale all’autista. “Eminenza, stiamo andando dove mi ha detto lei, al Concilio”. “Come? Ma se siamo a nord di Roma?” ribatté Siri. “Certo, la strada è giusta, siamo in viaggio verso Trento”, concluse l’autista.

Ecco qualcuno sembra ancor oggi volersi dirigere verso il Concilio di Trento, cercando magari di vedere in un passato abbastanza edulcorato la fonte di ispirazione per un presente giudicato troppe volte come oscuro. Intanto però il tempo passa e Trento viene ricordata in tutto il mondo non solo per quel grande avvenimento di 450 anni fa, ma pure per essere la città natale di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari di cui proprio qualche giorno fa si sono celebrati i settant'anni dalla nascita (il 7 dicembre 1943 quando Chiara da sola si consacrò a Dio). La storia, misteriosamente attraversata e sorretta da presenza di Dio, riserva sempre sorprese.

Anche nella nostra vita sperimentiamo la nostalgia del passato, che si fa più acuta con l'avanzare dell'età. Si guarda indietro rimpiangendo forse quel tempo in cui davanti a sé si apriva il futuro e ogni possibilità sembrava offrirsi con generosità. Ci si dimentica spesso la durezza della vita di qualche decennio fa, mentre non si riesce più a leggere il presente.

La Chiesa rischia di pensare al passato come un'epoca d'oro, in cui la stragrande maggioranza della popolazione si dichiarava cristiana e cattolica; in cui la Chiesa godeva di potere, autorità e prestigio, in cui seminari, conventi e chiese erano sempre pieni. Poi… poi è tutta una rincorsa a salvare il salvabile, mentre le tenebre del relativismo e della mancanza di fede avvolgono sempre più. Occorre allora voltarsi per riprendere una gloriosa tradizione.

Il Concilio Vaticano II (come sembra voglia fare papa Francesco ) ha voluto invertire questa tendenza, cercando un contatto positivo con il mondo, aprendosi al futuro e alla speranza. Davanti a noi c'è uno spazio di incontro e di conversione. La Chiesa può imparare a vivere meglio il Vangelo anche da chi non è cattolico, da chi professa un'altra religione e pure dagli atei. Le crisi che attraversiamo, come per esempio quella delle vocazioni, possono essere momenti di crescita per una migliore comprensione e attuazione del messaggio di Cristo. Occorre superare il passato per rielaborare la fede e la pastorale, per portarle al passo con i tempi.

Queste due impostazioni (ritorno al passato o superamento di esso) non devono essere estremizzate. Per non farlo è necessario rivolgersi alla Bibbia e alla storia della salvezza. Per la fede biblica il ricordo del passato è essenziale: facendo memoria si scopre la presenza di Dio nelle tumultuose vicende umane; un Dio che chiama, promette, libera, salva, ama il suo popolo. Così nella nostra vita: solo ricordando il passato capiamo che esiste una provvidenza di Dio che ci ha accompagnato. Erano belli i tempi della giovinezza del popolo d'Israele, gli anni del primo amore con il Signore, quando non si trasgrediva nella sua alleanza! Com'era bello per i discepoli stare accanto a Gesù, rimanere con lui sul monte della trasfigurazione.

Il passato è dunque molto importante. Qualcosa di grande è già avvenuto: grandi cose ha fatto il Signore per noi. Ma le "cose nuove " che farà in futuro saranno ancora più sorprendenti. La terra promessa è sempre da venire, la speranza ci fa attendere la seconda venuta di Cristo e l'instaurazione definitiva del Regno di Dio. La risurrezione di Cristo è la caparra per il sorgere di una nuova terra e dei nuovi cieli dove avrà dimora la giustizia. Bisogna quindi attendere e intanto lavorare come se dovessimo noi costruire la pace e la giustizia, sempre però aspettando Dio.

L'avvento è un tempo propizio per riflettere sul passato e sul futuro. Gesù è già arrivato, ma deve ancora venire. Con questo duplice sguardo viviamo la nostra esistenza, immersi in un'attesa operosa.

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