Viso Pallido! Viso Oliva?

Viso Pallido! Quando ti incontro non mi sento uno sioux e prima di udirti pronunciare una qualche parola in lingua indoeuropea ti colloco tra capo Finisterre e gli Urali, tra Capo Nord e Pantelleria. Non mi dai troppa preoccupazione. Mi dirai qualcosa poco di più o di meno, di meglio o di peggio di quanto posso dirti io da Trento. Abbia tu gli occhi celesti o neri, la chioma bionda o castana o corvina, ti invidierò o ti compatirò a seconda del tuo livello sociale o simpatico, ma ti sentirò in famiglia.

Un leggerissimo brivido percorre la mia schiena: non sia tu un danese massacratore di giovani socialdemocratici o qualche altro adoratore di un antico Adolfo, ma ti considero un tantino improbabile e comunque decadente. Non sia tu un venditore di armi all'Isis o un creatore di crisi economiche, o un delizioso corrotto che ci deruba o un giornalista, si fa per dire, che inneggia ai conflitti di religione o di civiltà, ma non mi impressioni più di tanto. Mi dirai e farai cose più o meno consone alla o devianti dalla nostra tradizione giudaico-ellenico-roman-cristiana, ma sento che giochiamo in casa.

Invece tu "Viso Oliva"? Appena ti vedo ti colloco nella ex Mezzaluna fertile e suoi ampi dintorni, con una puntata di fantasia ad oriente fino al Pakistan ed un balzo ad occidente che si placa in Marocco. Ti vedo emergere da qualche barracano, non penso più alle scimitarre, ma istintivamente controllo il diametro del tuo bacino: non abbia a celare una cintura esplosiva come nuova espressione della tua vocazione al martirio, come ultimo grido di una tua eventuale rabbia. Mi guardo attorno in cerca di qualche dito della Benemerita collocato sul grilletto di un rassicurante mitra e giro al largo per non essere il prossimo erede del Bataclan.

Il tuo sorriso dolce, o la tua serietà sofferta o quanto hai imparato dal Mare o dal Deserto, o il tuo imbarazzo di giocare in trasferta o altrimenti i segni della tua lunga permanenza tra noi e la connaturalità pazientemente acquisita tutto mi sfugge e si confonde nell'inchiostro della mia diffidenza, nella nebbia di una circospezione che posso in parte comprendere ma della quale non mi sento orgoglioso.

Preferisco il nostro Fratello Francesco che azzarda il Centro Africa e con la mano sinistra conforta il braccio destro forse esausto per miriadi di strette di mano.

Caro Viso Oliva, fratello mio, quando ti incontro vorrei invece mi arrivasse l'onda dell'immensa saggezza del Corano che è in te, della tua fede e della tua preghiera, dei secoli di civiltà dei quali sei ampiamente erede, della tua pazienza e dignità. Vorrei saper cogliere dai tuoi occhi il dolore di una permanenza di fame o di violenza che ti ha spinto verso il nuovo dolore fatto di lontananze affettive, di tappe tragiche, di delusioni e disagi fisici e morali, solitudini e sradicamenti. Tutto questo vorrei sentirlo e ricordarlo ogni volta appena ti vedo. E vorrei, ma senza speranza, sapertelo dire.

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