Tragedia del 3 luglio in Marmolada, il prof. Giorgio Daidola: “Ora la risposta non sia chiudere la montagna”

Nella foto di Giorgo Daidola, la Marmolada ricoperta di neve a fine aprile 2021: al di sopra del rifugio Capanna Ghiacciaio, a Pian dei Fiacconi, il punto dove si è staccato il seracco.

Alpinista, giornalista, docente universitario, torinese, ma trentino d’adozione, Giorgio Daidola vanta oltre trent’anni di pratica dello sci con la tecnica, da lui riscoperta e rilanciata, del telemark, che consente di scivolare con leggerezza ed eleganza sulla neve. Ha praticato freeride e scialpinismo in ogni parte del mondo, ma è un habitué della Marmolada, che ha celebrato nel suo libro “Marmolada bianca”, pubblicato nell’ottobre 2021. Un inno, afferma, alla Marmolada come bellezza per lo sci, durante la stagione bianca. “Il titolo del libro si riferisce allo stato della Marmolada durante la stagione invernale e primaverile, quando i ghiacciai sono coperti di neve e i pericoli di rottura di saracchi non esistono per via della temperatura bassa e della neve che cementifica tutto. Purtroppo oggi i ghiacciai sono ridotti ai minimi termini”.

Poco più di un anno fa, alla fine di giugno 2021, Daidola scivolava con l’abituale leggerezza proprio sui pendii del ghiacciaio teatro della tragedia del 3 luglio. “Nel 2021 è caduta molta neve, quest’anno invece a giugno la Marmolada era grigia, col ghiaccio a nudo”.

Professor Daidola, dobbiamo rassegnarci a non vedere più la neve sotto una certa quota?

Non è detto che gli inverni ci regaleranno meno precipitazioni. L’anno scorso la montagna è rimasta coperta di neve fino a giugno e i ghiacciai si sono ridotti poco. Confido che ci saranno ancora inverni nevosi e che la siccità non colpisca come ha fatto nell’ultima stagione fredda.

Gli esperti non hanno dubbi nell’additare come concausa il riscaldamento globale.

È giusto. Il riscaldamento globale c’è, esiste, le cause sono note e intuibili e provocano questi gravi episodi. Sono d’accordo con Messner, che sulla stampa ha osservato che una volta queste cose succedevano due volte all’anno, mentre adesso possono accadere anche venti volte all’anno.

Eppure la salita alla Marmolada, pur essendo indicata dalle guide come un itinerario in un ambiente alpino severo, non è considerata particolarmente impegnativa.

Anche i ghiacciai facili come quello della Marmolada, con poca pendenza, sono pericolosi e bisogna sconsigliare alla gente di seguire i sentieri che li attraversano. I rivoli d’acqua che si formano nelle falde del ghiacciaio possono provocare lentamente questi distacchi. Ne è di esempio il Grand Combin, una montagna molto celebre in Valle d’Aosta.

E’ stato imprudente percorrere il ghiacciaio all’ora in cui è avvenuto il crollo?

Un crollo può succedere anche quando l’escursione termica tra notte e giorno è molto alta, perché il ghiaccio si dilata e si formano queste rotture.

La tragedia in Marmolada modificherà il nostro modo di andare in montagna?

Bisognerà fare sempre più attenzione, perché questi fenomeni si ripeteranno senz’altro. Un pendio di ghiaccio è innegabilmente e obiettivamente pericoloso anche per i crepacci, adesso resi ancora più visibili dal fatto che non ci sia più neve.

L’intera Marmolada ora è stata interdetta agli escursionisti.

Come tutte le cose belle, anche i ghiacciai comportano l’assunzione di rischi. Credo sia a livello individuale che ognuno deve assumersi la responsabilità dei rischi che corre; tutti dovrebbero essere preparati ad assumersi queste responsabilità. È anche sciocco dare degli stupidi a coloro che hanno deciso di percorrere il sentiero del ghiacciaio che consideravano sicuro, perché è una cosa che sarebbe potuta capitare a chiunque, anche a me come a qualunque esperto. Sono cose che non puoi valutare.

Non vale solo per i percorsi su ghiaccio.

No, è così anche per la roccia: quando si fanno delle ferrate, che dovrebbero essere sicure per via dell’attrezzatura utilizzata, per le corde fisse, in realtà non si è sicuri per niente. Basta che si stacchi un frammento di roccia. La montagna è pericolosa, ma questo non significa che sia assassina. Ripeto, è necessaria una valutazione personale del rischio.

Rischio che non è solo personale: se metto in pericolo me stesso, potrei far correre rischi agli eventuali soccorritori.

Hanno fatto bene a sospendere le operazioni di recupero per non mettere a rischio la vita dei soccorritori. Qualche anno fa (nel 2009, ndr) in Val di Fassa sotto una valanga sono morti quattro uomini del soccorso alpino che cercavano di salvare due escursionisti. Ormai è chiaro che non verrebbero ritrovate delle persone vive, quindi recuperarle adesso o tra dieci giorni non fa differenza.

Come va considerato quel versante della Marmolada?

E’ sempre stato pericoloso: lo testimonia il fatto che durante la Grande Guerra ci siano rimasti sotto dei militari austriaci. La disgrazia del Pian dei Fiacconi, con le cestovie distrutte – ne parlo nel mio libro Marmolada bianca – era un evento prevedibile, perché era già successo con l’impianto che c’era prima. Il fatto che il ghiacciaio si sia separato in tante lingue lo rende particolarmente debole.

Che lezione possiamo trarre?

Nella sventura, voglio cogliere un lato positivo: spero che ciò faccia riflettere la gente e i nostri politici. Auspico che non daranno mai i permessi per costruire impianti su questa montagna, penso al nuovo impianto a Pian dei Fiacconi che dovrebbe partire a settembre. La Marmolada va rispettata. Siamo stati molto fortunati che la frana caduta non abbia colpito il rifugio Capanna Ghiacciaio, ma abbia deviato riempiendo il famoso “canyon” sul cui fondo un tempo si poteva sciare.

In altre località, toccate da tragedie simili, si è scelto di impedire per sempre l’accesso.

Vietare tutto, impedire di percorrere itinerari bellissimi e di andare sulla montagna? Sarebbe assurdo. I divieti non servono. Serve educare e insegnare a chi va sulla montagna che è un ambiente pericoloso.

vitaTrentina

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