La sanità dopo il virus prima del voto

Il mondo dopo il virus cambierà, in modi che non riusciamo a immaginare. A Bergamo ne siamo già consapevoli, ce l’ha insegnato la scomparsa di parenti e amici. Scomparsi: non è un brutto sinonimo da giornalisti. Le persone scompaiono. Escono di casa con un’ambulanza, entrano in ospedale e poi si riceve una telefonata. Non c’è nemmeno la possibilità di celebrare un funerale”. Così scriveva Simone Bianco sulle pagine dell’inserto di Bergamo del “Corriere della Sera” il 18 marzo 2020. La notte stessa di quel fatidico 18 marzo, una fila di camion militari, un lugubre corteo che non dimenticheremo mai, lasciava il cimitero di Bergamo. Trasportava 65 feretri diretti a Bologna e Modena per la cremazione. A Bergamo non c’era più posto. Il virus sarebbe poi dilagato. Morti e sofferenze ovunque. E problemi enormi per tutti. In Trentino in quel 2020 si registrerà, secondo l’Istat, il 17,2% di decessi in più rispetto all’anno precedente. Secondi in Italia soltanto alla Lombardia (+35%) e prima dell’Alto Adige (+16,4%). Dati da non dimenticare. Il nostro piccolo Trentino ha avuto un numero altissimo di morti in percentuale rispetto alla popolazione, a causa dell’altissimo numero di contagi, anche se il potere politico ha spesso cercato di nascondere la verità. Le domande che potremmo farci, tre anni dopo la prima esplosione del virus, sono tante. Ma qui, partendo dall’affermazione di Simone Bianco di fronte ai morti di Bergamo, “il mondo dopo il virus cambierà”, e calandola in un contesto più circoscritto, vorremmo concentrarci su questa domanda: cambierà in meglio la nostra sanità? Quella italiana e quella trentina? Il Covid ci ha insegnato, semmai l’avessimo dimenticato, che solo un forte sistema sanitario pubblico è in grado di affrontare emergenze simili. Cure costosissime, spesso prolungate, sono state assicurate a chi ne aveva bisogno, non a chi aveva i soldi per pagarle come è accaduto e accade in tanti Paesi del mondo, ricchi e poveri. La sanità privata può integrare quella pubblica, non può sostituirla. Quindi non si può accettare che venga indebolito il pubblico per favorire il privato.

In autunno avremo le elezioni provinciali-regionali. Cosa stanno preparando i partiti e i candidati in materia di sanità? Stanno riflettendo, studiando, individuando le tracce chiare e percorribili di un programma che garantisca un forte sistema sanitario pubblico in Trentino? Il Covid ha messo in luce i punti di forza, che non sono pochi, e i punti di debolezza, in aumento, del nostro sistema sanitario, che comunque registra una qualità di tutto rispetto. Impareremo dalla tragedia del Covid a correggere i punti deboli e a difendere quelli forti? Un sistema sanitario pubblico di qualità ha a cuore le persone. I cittadini tutti con la prevenzione, i pazienti tutti, senza distinzioni, con la cura. Ma anche il personale. Il caso drammatico della giovane ginecologa Sara Pedri, scomparsa il 4 marzo 2021 dopo aver lamentato pesanti maltrattamenti sul posto di lavoro, ci ricorda che di fronte alla pessima gestione del personale di un reparto dell’ospedale Santa Chiara di Trento, ben nota, nessun dirigente fosse intervenuto. Ma se poi i dirigenti dell’Azienda Sanitaria vengono premiati, sulla base di quali criteri, ci chiediamo, si misurano i loro risultati? Per i numeri del risparmio? (E, fra l’altro, dove e come si risparmia? Non certo sui succulenti premi a loro elargiti). Anche infermieri e medici hanno manifestato a più riprese un forte malessere. Ci ricordiamo di cosa hanno dovuto affrontare durante il Covid? Ci stanno a cuore? Tra l’altro in un momento in cui il personale sanitario scarseggia ovunque?

Altre domande si potrebbero avanzare. Il dibattito è aperto. Meglio, sarebbe ora di aprirlo seriamente in vista delle elezioni provinciali-regionali autunnali. L’autonomia speciale di cui gode il Trentino ha al suo vertice il principio di partecipazione democratica. Si basa sulla considerazione che molti problemi si possono gestire meglio a livello locale piuttosto che a livello nazionale: con più partecipazione dei cittadini, più trasparenza, più controllo democratico, più efficienza, più verifica della qualità reale, più rispetto delle persone. C’è tutto questo? A volte abbiamo l’impressione, e il Covid l’ha confermata, che l’Azienda Sanitaria si muova come un corpo a sé stante. Sarebbe un tradimento dell’autonomia. Apriamo un serio confronto. Lasciamo da parte sterili lamentele o esaltazione di successi. Facciamo tesoro della tragedia del Covid. Che quei morti e quelle sofferenze non siano stati inutili. Svegliamo partiti e candidati. Sollecitiamoli a studiare il problema e a indicare soluzioni. Partecipiamo. I dati sull’affluenza alle urne alle ultime elezioni regionali svoltesi in Italia sono preoccupanti. Troppi cittadini non sono andati a votare. Una silenziosa protesta. Che ha le sue ragioni. Ma la democrazia è nelle nostre mani. La sanità, la scuola, l’ambiente, il clima, l’economia, il sociale, i trasporti passano attraverso le decisioni della politica. Come è stato detto: noi possiamo anche non occuparci della politica, ma la politica continuerà a occuparsi di noi.

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