Luci nel cuore entrando in classe

Non ci si scappa: i giorni non sono tutti uguali. Ce ne sono alcuni che scorrono senza che quasi ce ne accorgiamo e altri che, invece, serbano emozioni e pensieri insoliti. Chi non ricorda il suo primo giorno di scuola? Che inizi la prima elementare, media o la scuola superiore il primo giorno lo si legge bene sul viso dei nuovi alunni. È uno sguardo attento al nuovo.  Anche il primo giorno di un insegnante all’inizio della sua carriera o in una scuola nuova riserva emozioni forti. Impossibile dimenticarlo.

Ma i primi giorni di scuola di questo tipo non sono molti, se ne ricordano due o tre al massimo. Una volta conosciuto l’ambiente, la classe, gli insegnanti e le loro richieste, prendono avvio una serie di altri primi giorni di scuola, più disincantati degli altri. Il rischio che li accomuna, per alunni e insegnanti è quello di varcare stancamente la soglia della propria scuola e di pensare che inizi un altro anno, uno dei tanti. Nulla di nuovo.

Che cosa può aiutarci, studenti, insegnanti, genitori, a vivere con prontezza un nuovo anno che si ripresenta, che ci piaccia o no? Come può accadere il miracolo di un altro anno che diventi ancora una volta nuovo?

Mi piace sperare che varcando quella soglia, tra qualche giorno, a qualcuno venga regalata una consapevolezza diversa di quello stare lì e che entrando in classe, dalla cattedra o dall’ultimo banco, o rimanendo fuori dalla porta, abbia l’ardire di testimoniare il senso del suo nuovo inizio.

Quest’estate, leggendo alcuni libri di Massimo Recalcati, mi ha colpito la definizione che l’autore ha dato dell’esperienza autentica dell’amore: esso non vive la gioia di un attimo, ma esige ostinatamente la sua infinita ripetizione perché è solo nella ripetizione che si può manifestare il vero volto, il solo credibile del Nuovo.

Ogni volta lo Stesso e ogni volta assolutamente Nuovo. Leggendo e rileggendo ho ricompreso quanto l’insegnare sia una forma di amore, un amore che non teme la ripetizione, l’orario, le solite cose, perché proprio queste compongono la sua materia trasfigurabile. E l’amore vive di quella strana legge per cui più si dà, più di ha. Lo scriveva solennemente anche s. Giovanni della croce cinquecento anni fa: dove non c’è amore, metti amore e ne ricaverai amore. Questo significa che l’amore è una di quelle esperienze fondamentali della vita capaci di rigenerarsi, non soggette all’usura, allo scarto. So bene che molti affermano l’esatto contrario, l’amore consuma e si consuma. Forse occorre domandarsi dove lo si riceve, prima di donarlo, da fonti vive o cisterne screpolate. Torno a scuola con questa luce nel cuore. So che non è necessario che lo dica ai miei studenti. Si capirà dai miei sguardi, da come farò l’appello, dalla cura con cui preparerò le mie lezioni. Ricordo a me stessa che solo guardandomi amare il mio lavoro gli studenti ameranno almeno un po’ di più il loro. Entrando in classe, ogni giorno, inizierò la mia nuova lezione con l’umile coscienza che un’ora di lezione può cambiare la vita. Racconterò ai miei studenti che in una lettera alla sorella, all’età di ventun anni, Sophie Scholl scriveva: la percezione di una vocazione o qualcosa di simile non ce l’ho. Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini. Passando attraverso ciò che è più profondo. Voglio provare a lavorare su di me. È difficilissimo. Vivere la scuola con la determinazione a lavorare su se stessi, l’altra parola per dire amore, potrebbe essere un buon motivo per partire bene, per scegliere di mettercela tutta, per non temere la fatica dello studio quotidiano. Anche così il nuovo si ripresenta e feconda di bellezza mondi inesplorati, dell’anima e del cosmo.

Il miracolo della novità nella ripetizione accade quando ci lasciamo ferire, interpellare dal tesoro inesauribile di bellezza, di bontà e di verità che ci accade intorno e che ci ha preceduto. Fare scuola significa raccontare ai nostri studenti attraverso i saperi che non siamo soli, che tanti grandi uomini e donne ci hanno preceduti rendendo il mondo un posto migliore. Che tanti lo abbiano e lo stiano peggiorando purtroppo lo sanno già.

Ci saranno, varcando quella soglia tra qualche giorno, servi inutili, onesti portatori della luce che si è propagata in tutto il mondo da Colui che ci ha promesso: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap, 21.5)?

Allora sarà ancora un nuovo anno scolastico, il primo giorno di scuola.

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