Il tagliafieno Luigi Mazzucchi

Tagliare l’erba a mano ha ancora dei vantaggi: ci si muove all’aria aperta, non si inquina l’ambiente e si riduce il rumore: “Il fieno si mantiene anche anni, mentre l’erba, molto più umida, marcisce in fretta”, spiega il tagliafieno Luigi Mazzucchi, intervistato dai ragazzi della classe 5^ della scuola elementare della Sacra Famiglia.

Signor Luigi, in cosa consiste il mestiere del tagliafieno?

Il “segador”, o tagliafieno, taglia l’erba dei campi per essicarla, conservarla all’interno del fienile e darla da mangiare alle mucche, ai buoi o ai vitelli durante l’inverno.

Come si portava l’erba dal campo al fienile?

Quando ero giovane, dopo aver tagliato l’erba la si girava e si attendeva che il sole la facesse seccare. Poi si caricava sul carro trainato dai buoi e, sempre a mano si passava dal carro al sottotetto del fienile, allora il posto più indicato per conservare il fieno.

Perché è importante essicare l’erba?

Il fieno si può mantenere anche anni, mentre l’erba, molto più umida, marcisce in fretta. Anche oggi conservare il fieno è molto importante dato che, anche il Trentino, esistono diverse località con stazioni termali che lo utilizzano per la sue proprietà curative.

Che strumenti usa il tagliafieno?

Prima di tutto la falce ed una pietra sagomata contenuta nel “coer”, un contenitore all’epoca fatto di corno di bue adibito a contenere l’acqua. Per affilare la falce infatti la pietra doveva essere sempre bagnata. Poi c’è un oggetto che in dialetto chiamiamo “piantola” che, come dice già il nome, va piantato nel terreno. Uno strumento pensato per la battitura, per affinare il taglio della falce stessa. Una volta falciato il campo inoltre, rimaneva l’erba “andanata”: bisognava distenderla con la forca per essicarla. Poi quando era pronta la si raccoglieva aiutandosi con il rastrello.

Come è fatta una falce?

Si compone di due parti. C’è la falce stessa realizzata in acciaio e poi il manico, che in Val di Gresta chiamiamo “silon”. A chi tagliava il fieno come professione una falce durava uno o due anni, mentre se non utilizzata con grande frequenza resisteva molto di più. Il manico invece dura praticamente per sempre, dato che è molto meno soggetto ad usura.

È importante affilare bene i propri strumenti?

Certamente. Normalmente la falce si affila con la pietra sagomata, ma ogni due tre ore in genere si doveva mettere la “piantola” nel terreno e battere la falce per affinarne il taglio. Un’operazione che dava modo anche di riposarsi un poco, dato che le pause non erano molte. Il taglio dei prati avveniva d’estate, precisamente da luglio fino a metà agosto, e perciò si cominciava a “segare” l’erba ancor prima che sorgesse il sole. A mezzogiorno si mangiava poi si riprendeva a lavorare fino a sera.

Nell’utilizzo della falce bisogna conoscere qualche tecnica particolare?

Sì, utilizzare la giusta tecnica ha la stessa importanza di avere uno strumento affilato. Bisogna prestare attenzione all’inclinazione della falce e alla distanza dal terreno. Poi c’è anche un altro aspetto di cui oggi non ci si cura più: va bene prendere i prodotti della natura, ma senza dimenticare che abbiamo anche il dovere di custodire queste risorse, conservando la fertilità del terreno e l’integrità delle piante. Ciò che si vede dell’erba ad esempio, è solo la parte aerea. Sotto terra però la pianta possiede il suo apparato radicale che dev’essere conservato. La falce taglia nella maniera giusta, in modo da non danneggiare la pianta e permetterle di ricrescere.

Da chi ha imparato questo mestiere?

Ho cominciato a seguire mio papà nei campi a 11-12 anni, dato che questa era un’attività che si tramandava di generazione in generazione. Ogni famiglia possedeva dei prati, proprietà anche piccolissime ma dai confini ben delimitati. I campi più “comodi”, servivano per coltivare patate, cavoli e altri ortaggi, mentre i luoghi più difficili da raggiungere dove arare non era agevole, erano lasciati a prato.

Che futuro ha il mestiere del tagliafieno?

Purtroppo ora i tempi sono cambiati: io tento di insegnarlo a mia volta, anche se mi rendo conto che, ad esempio, per tagliare grandi superfici di prato sia molto più comodo e veloce utilizzare una falciatrice moderna. Tuttavia, per argini, aiuole e giardini, la vecchia falce sarebbe molto più adatta.

Quindi segare a mano ha dei vantaggi?

Certamente, dato che innanzitutto non serve disporre di tanta attrezzatura e quindi anche la spesa è minima. Il movimento all’aria aperta fa sempre bene, non si inquina l’ambiente con gli scarichi del motore e si riduce il rumore.

E gli svantaggi invece?

Quello principale è che a mano, sulle grandi superfici, non si riesce a fare il lavoro della falciatrice a motore. Una volta, in un giorno di pieno lavoro – anche se naturalmente i tempi possono variare in base al tipo di erba e dalla quantità – si tagliavano 1.000 – 1.500 metri di prato. Nel tempo della fienagione lavoravano una o due persone per famiglia. Chi possedeva grandi superfici, si affidava alla mano d’opera stagionale.

Chi sono i “nemici” del tagliafieno?

Quando d’inverno non gelava, il pericolo maggiore era rappresentato dalle talpe che scavando le loro gallerie formano tanti mucchietti di terra. Per questo in primavera si passavano in rassegna tutti i prati, raccogliendo a mano i sassolini che potevano danneggiare gli strumenti.

intervista della classe 5^ della scuola elementare della Sacra Famiglia


La scheda:

Nome: Luigi

Cognome: Mazzucchi

Attività: Taglia fieno

Segni particolari: agricoltore, vive e lavora a Ronzo Chienis, in Valle di Gresta.

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