Il Papa innovatore

Nel centenario della sua morte, approfondiamo con l'esperto Gianpaolo Romanato la figura di Pio X, il Papa alle origini del cattolicesimo contemporaneo

Uno dei centenari che si celebra nell’anno in corso è quello della morte di Papa Pio X, nato a Riese, in provincia di Treviso – oggi Riese Pio X – nel 1835 e scomparso nel 1914. Sull’opera di questo pontefice abbiamo intervistato uno dei suoi maggiori esperti, il prof. Gianpaolo Romanato dell’Università degli studi di Padova. Romanato è autore del volume “Pio X. Alle origini del cattolicesimo contemporaneo” (Lindau editore, pp. 584, euro 32), che è di recente entrato nella cinquina finalista del prestigioso Premio Acqui Storia.

Prof. Romanato, può riassumere in poche parole il percorso biografico di Pio X?

Il futuro Pio X nacque nella diocesi di Treviso e trascorse quasi vent'anni in parrocchia, in piccoli paesi del Veneto. È l'unico pontefice ad aver fatto una vera esperienza pastorale in parrocchia. Poi fu vescovo in una diocesi periferica come Mantova e quindi a Venezia. Quando fu eletto, nel 1903, era sotto tutti i punti di vista totalmente estraneo all'ambiente curiale romano. Questa è la sua originalità, che lo rende simile all'attuale pontefice.

Perché, secondo lei, Pio X fu "alle origini del cattolicesimo contemporaneo"?

Sono convinto che il pontificato di Pio X, col quale si è aperto il secolo scorso (Pio X regnò dal 1903 al 1914) sia da molti punti di vista il momento di inizio della Chiesa cattolica novecentesca. Furono le sue riforme a rinnovare a fondo il cattolicesimo e lo traghettarono fino al Concilio Vaticano II. Pio X ereditò una Chiesa che per molti aspetti era ancora quella precedente il 1870 ed abbatté molte delle vecchie strutture. Per esempio sopprimendo il diritto di veto, che ancora detenevano le potenze cattoliche e col quale potevano condizionare l'elezione dei papi. La soppressione del veto tagliò ogni residua sudditanza del papato ai poteri civili; e il papato divenne una forza autonoma, esclusivamente di natura spirituale.

Lei si sofferma molto sul Codice di diritto canonico.

La creazione del codice di diritto canonico fu la riforma più incisiva varata da Pio X. Avendo liberato il cattolicesimo dalle vecchie strutture, il papa dotò la Chiesa di un unico codice di leggi, valido dovunque e per tutti, che pose fine a tutti i diritti particolari o locali prima esistenti.

E per quanto riguarda la vita dei credenti?

Varò il catechismo unico, che da lui prese il nome. Introdusse la pratica della comunione frequente, che prima era scoraggiata, e avvicinò all'eucarestia i bambini. Riformò poi la musica liturgica, ripristinando il gregoriano.

Come rientra in questo schema la condanna del modernismo?

Pio X ritenne che nelle correnti cosiddette modernistiche si annidasse una grave crisi di fede e intervenne con una condanna senza appello, con l'enciclica “Pascendi” del 1907. Questa è la parte repressiva della sua azione. Nel mio libro non ho taciuto affatto questo problema, ma l'ho visto dentro un orizzonte più ampio, in cui riforma e repressione costruiscono insieme le strutture della chiesa novecentesca.

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