Un calcio ai fondamentalismi

Dal nord di Israele a Deggia nel Banale il ritiro tutto speciale dei giovani arabo israeliani della Tarshiha Football School, bell’esempio di convivenza tra fedi diverse

Deggia (San Lorenzo in Banale), primo luglio – C'è chi il suo Mondiale l'ha già vinto. Sono i giovani e le giovani, i ragazzi e le ragazze della Tarshiha Football School, la scuola di calcio di Tarshiha, cittadina nell’Alta Galilea, ospiti in questi giorni della bella casa per ferie che la Parrocchia di San Carlo Borromeo di Trento possiede a Deggia, poco sopra il santuario della Madonna di Caravaggio.

Per una settimana, dal 27 giugno al 3 luglio, come squadre di calcio ben più blasonate che hanno scelto il Trentino per la loro preparazione precampionato – dal Bayern Monaco all’Inter, dal Napoli alla Fiorentina –, sono in ritiro per allenarsi, non trascurando però accanto alla preparazione del fisico anche la dimensione spirituale. Lo constatiamo al momento del pranzo, quando abuna (“padre”) Lino Zatelli, parroco di San Carlo e anima di questo particolarissimo soggiorno estivo, benedice il cibo con una preghiera dal carattere universale, rispettosa delle diverse fedi che i 26 giovanissimi e i loro sei accompagnatori adulti seduti alla mensa incarnano. Ci sono arabi cristiani, melchiti, drusi (seguaci di una religione di derivazione musulmana), musulmani… Tarshiha, abitata da arabi israeliani, con la vicina Ma’alot – fondata nel 1957 da immigrati ebrei provenienti dalla Romania, dal Libano, dall’Iran e dal Marocco – forma un’unica municipalità mista. E questa mescolanza di diversità è qui ben rappresentata.

“Nella diversità delle fedi vediamo un segno dell’amore di Dio”, scandisce abuna Lino. “Qui abbiamo modo di gustare la bellezza delle diversità che sanno rispettarsi e andare d’accordo”, aggiunge con un (inconsapevole?) richiamo a quella che don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e per anni presidente di Pax Christi, chiamava la convivialità delle differenze, unica via alla pace: “Il genere umano – diceva don Tonino – è chiamato a vivere sulla terra ciò che le tre Persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze”. Qui, dove si incontrano antichi percorsi oggi riscoperti e valorizzati come il Sentiero di san Vili (San Vigilio, terzo vescovo di Trento) e il sentiero intitolato al beato Giorgio Frassati, si incrociano oggi i passi di chi cerca ogni giorno con caparbietà di seminare pace e non odio, in una terra chiamata santa da più religioni, che però non sembra capace di uscire dalla spirale dell’odio e della violenza.

Nella preghiera prima del pranzo un pensiero va ai tre ragazzi ebrei rapiti e uccisi, coetanei di quelli che ora siedono sgomenti di fronte all'ennesimo atto che, rimarca Laura, responsabile della Tarshiha Football School, a pochi giorni dall'incontro di preghiera per la pace in Medio Oriente voluto da Papa Francesco, che portò all'abbraccio in Vaticano tra Simon Peres e Abu Mazen (8 giugno), interrompe brutalmente gli sforzi di chi persegue il dialogo e fa il gioco di chi invece vuole tenere alta la tensione e alimentare il conflitto. Tutto l'opposto di quanto persegue la scuola di calcio fondata nel 1999 da Kamal Shehadi, un passato da giocatore professionista nell'Hapoel Tarshiha e oggi dirigente della scuola calcio.

L'idea di mettere in piedi la Tarshiha Football School, spiega Laura, sua moglie, gli venne per offrire ai ragazzini di Tarshiha l'opportunità non solo di praticare uno sport sano, ma anche di apprezzare, attraverso il gioco del calcio, quanto sia importante fare squadra, agire insieme per raggiungere uno scopo, riconoscere i propri limiti e accettare quelli degli altri. Sempre comunque divertendosi.

La scuola calcio accoglie circa 200 ragazzi e ragazze dai 5 ai 16 anni, è privata, si regge senza sovvenzioni pubbliche. Chi non può permettersi la retta è aiutato dalla scuola stessa. I più grandicelli, dai 13 anni in su, partecipano a un campionato del Distretto nord di Israele.

La scuola è un bell’esempio di convivenza tra fedi diverse e lo si vede anche nelle giornate trascorse tra i monti del Trentino. “Per noi è una gioia vedere questi nostri ragazzi e ragazze così felici”, dicono Laura, John, Emil e Najma che accompagnano i giovani calciatori in questa trasferta così particolare. E pensano con gratitudine all’incontro, nel 2008, con don Lino Zatelli, assiduo frequentatore della Terra Santa (c’è stato 35 volte, e già pensa di ritornarci l’anno prossimo con un gruppo di ragazzi della sua parrocchia). Incontro propiziato da Selma, la simpaticissima guida cristiana che fa da interprete. “L’Alta Galilea non è una meta usuale nei pellegrinaggi in Terra Santa – spiega don Lino -, ma grazie a Selma, che è originaria di Tarshiha, nel 2008 ho conosciuto la straordinaria esperienza di quella scuola calcio”. Il rapporto si è consolidato e l’anno scorso è nata l’idea di invitare in Trentino un gruppo di allievi della scuola. “Per i nostri ragazzi – dice Emil – è stato l’inizio di un sogno, che si è concretizzato in questi giorni. Apprezzano il fatto che ci siano persone, i volontari della Parrocchia, che si danno da fare per loro, preparando i pasti. Gustano il verde delle montagne, la bellezza del lago di Molveno, l’aria frizzante. Ma soprattutto sperimentano (e noi con loro) che in Italia e in Israele la gente è la stessa, che si trovano persone buone che perseguono la stessa idea di pace. E la pace è la bandiera della nostra scuola”.

Prima della partitella pomeridiana di allenamento, mentre si controlla sul giornale quali partite del Mondiale brasiliano si potranno andare più tardi a vedere nel bar di San Lorenzo in Banale, don Lino lancia un'idea: “Ragazzi, allora, che titolo si potrebbe dare all'articolo sulla vostra esperienza?”. Silenzio. Poi qualcuno esclama: “Un calcio ai fondamentalismi!”. “Sì, ma anche: Un goal alla bellezza della diversità”, aggiunge un altro.

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