L’arte sacra di Moroder in cattedrale

Sculture in legno, bronzi, opere in cristallo dell’artista di Ortisei

E’ recentemente ripresa in cattedrale la felice consuetudine dei concerti di organo vespertini festivi che, con una nuova opportunità, quest’anno verranno introdotti dal decano del capitolo mons. Lodovico Maule con delle riflessioni teologiche su alcuni temi fondanti del tempo di Avvento. Dopo quelle dedicate all’Angelo, a Maria e all’Annunciazione le prossime saranno domenica 14 (la Deposizione) e domenica 21 (Gesù fanciullo), sempre alle 17.15. Tali interventi sono strettamente correlati con le sculture di Paul Moroder dë Doss esposte nell’Aula san Giovanni (sotto la sacrestia), fino all’11 gennaio, tutti i giorni, 9-12 e 12.30-18.30. La mostra d’arte sacra “E tu… chi sei? und der Engel brachte die Botschaft…” (e l’angelo portò l’annuncio) e gli eventi ad essa correlati costituiscono un’occasione unica per delle considerazioni ad alto livello su arte e teologia con le loro reciproche contaminazioni.

La prima delle sculture di Moroder è il pannello in lucidissimo bronzo dorato “Noi … Wir” (denominato anche “Gente/Leute”). Alto 35 cm e lungo 350 è composto da diciotto elementi identici di altezza e spessore ma di diversa forma e larghezza, decorati a bassorilievo con delle eteree figurette stanti, tutte diverse e tutte uguali l’una all’altra. Incastri arrotondati (quasi come quelli dei puzzle) fra i diversi elementi esemplificano il rapporto stretto che ci lega gli uni agli altri. “Adamo e Eva” (o anche “Lui e lei/Er und Sie”) è una coppia di figure umane, ovviamente una maschile e l’altra femminile, realizzate a grandezza più che naturale, entrambe assise; pur non guardandosi l’un l’altra sono in stretto rapporto reciproco. Hanno i volti sofferenti, Adamo il capo rivolto verso l’alto mentre Eva ce l’ha girato da un lato, con un ciuffo di capelli scomposto; il legno di castagno col quale sono realizzati è liscio ma ricoperto da una patina bituminosa, scura, agra; entrambi senza braccia, Eva pudicamente si copre in qualche modo le nudità accavallando a forza le gambe: sono inequivocabilmente i progenitori cacciati dall’Eden. “Un angelo ti mostrerà la via” è un grande angelo in bronzo lucidato, solo uno dei diversi “messaggeri” elaborati nel corso degli ultimi anni dall’artista gardenese ed esposti a Trento. Si tratta di una sagoma slanciata eppur compatta, plasmata con solida determinatezza. Brillante com’è, la materia pare impastata con la luce. Lì accanto si slancia un elegante candeliere bronzeo di importante altezza, costituito dall’essenziale intreccio di tre spighe di grano che sorreggono il piattino sul quale appoggiare il cero. A seguire tre figure realizzate con una lavorazione aspra, scabrosa, sofferta. Di colori cangianti fra il bianco, il grigio, il rosa carico e l’arancio parrebbero quasi in cera e lavorate con la spatola, ma in realtà sono state, certo attraverso una magia, realizzate in cristallo opaco. A esaltare la qualità traslucida della materia due di esse sono illuminate dal retro e dall’interno. Due sono elaborazioni di Maria, la terza è un altro angelo.

Prima di uscire non manchiamo di soffermarci con particolare attenzione sulle tre ultime sculture della mostra. Tutte del 2002, di ridotte dimensioni ma di alta emotività, appaiono deliziose: si tratta di un’intensa “Annunciazione”, di una conturbante “Crocifissione” (con il Cristo che come se si trattasse di un trampolino si stacca dal legno per slanciarsi verso il Padre) e infine di un’assoluta “Morte”. La mostra si completa con quattro dipinti ad acrilico, catrame e cera su tela o cartone. Particolarmente significativo il maggiore di essi, “Morte e vita”, che presenta il corpo di Cristo morto giacente nel sepolcro in attesa della vita celeste in dialogo ideale con, giacente nella greppia, il corpicino di Gesù Bambino appena entrato nella vita terrena.

La mostra vera e propria termina qui ma non manchiamo di soffermarci con attenzione, non li avessimo già osservati prima di scendere nell’Aula san Giovanni, davanti ai due grandi angeli in gesso bianco accostati ai primi due pilastri della cattedrale: entrando in duomo da via Verdi subito davanti a noi, l’uno a destra e l’altro a sinistra. Altamente significativa la particolarità che le grandi ali avvolgenti le due figure, quasi fossero dei gusci protettivi o dei baccelli, sono solide e compatte mentre i corpi e i volti degli esseri celesti “che fanno parte della corte di Yahwe per servirlo e adorarlo” paiono eterei e inconsistenti.

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