I giorni del terrore

Dopo l’attacco a Charlie Hebdo, ci si interroga sulla violenza dei fondamentalismi e intorno alla libertà d’espressione e di satira

Sono andate subito esaurite mercoledì 14 gennaio nelle edicole del Trentino le copie del periodico satirico Charlie Hebdo allegate a Il fatto quotidiano, che ha pubblicato in Italia, in contemporanea con la Francia, il primo numero stampato dopo l’attentato terroristico dello scorso 7 gennaio alla redazione della discussa rivista, già oggetto di polemiche – e di un attacco incendiario nel novembre 2011 – per la sua satira irriverente indirizzata contro le espressioni religiose, la politica, la cultura mainstream. L’attacco a Charlie Hebdo ha causato la morte di 12 persone – tra cui 8 giornalisti – e il ferimento di altre 11, oltre alla morte di altre otto persone negli eventi che ne sono seguiti (i due attentatori, un loro complice, quattro ostaggi di quest'ultimo e una poliziotta), portando così il totale a venti vittime. E ha provocato allarme e tensione per tre lunghi giorni in Francia e non solo.

La vicenda ha portato nel cuore dell’Europa il terrore di conflitti che si vorrebbero lontani: lontani come lontani sono la Siria, l’Afghanistan, l’Iraq o, se vogliamo, la Libia, la Nigeria, la Palestina – visitata nei giorni delle stragi di Parigi da una delegazione dell’Holy Land Coordination (coordinamento dei vescovi di Usa, Canada e Unione Europea) composta da vescovi, giornalisti e operatori di organismi cattolici che proprio dalla Striscia di Gaza martoriata dalla guerra della scorsa estate ha scelto di cominciare la sua annuale visita in Terra Santa – e tutti gli altri paesi squassati da guerre di cui preferiamo ignorare le reali cause; periferie care a Papa Francesco, che nonostante il clima di conflitto e l’instabilità politica ed economica raramente attirano l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.

Ha sollevato interrogativi sulla capacità di controllo e prevenzione delle forze di sicurezza e dei servizi.

Ha tolto il velo sulla presenza nei paesi europei dei cosiddetti foreign fighters, i combattenti stranieri – come i due fratelli attentatori di Parigi, nati in Francia da genitori immigrati – che vanno a sostenere la Jihad e poi rientrano nel paese d’origine (una presenza numericamente insignificante, rispetto al totale della popolazione di religione islamica in Europa, ma inquietante).

E ha acceso il dibattito intorno alla libertà d’espressione e di satira, e sulla opportunità/necessità di imporre/imporsi dei confini.

Ai giorni del terrore il popolo francese ha risposto con un'imponente manifestazione a Parigi, dove hanno sfilato oltre due milioni di persone, dietro ai capi di Stato e di governo di mezzo mondo (con la vistosa eccezione degli Stati Uniti d'America). Un’onda popolare, in cui si è immerso anche l’agronomo e scrittore trentino Giacomo Sartori, parigino d’adozione. “Colpiva l'energia silenziosa, rotta solo qua e là dagli applausi, che si sentiva sprigionare dalla folla”, ha detto ai microfoni di radio Trentino inBlu, della quale è stato più volte ospite in passato. “La violenza cambia la vita. Ma la società francese ha reagito in massa, dando il meglio che poteva dare. Resta il problema che la comunità islamica è povera, emarginata, non gode della ricchezza di cui gode il paese. E su questo c'è chi ha buon gioco”.

Nella giornata del lutto nazionale in Francia, condanna unanime e solidarietà alle famiglie delle vittime anche in Trentino. A cominciare dalla comunità islamica, che ha parlato della strage come di “un crimine contro l'umanità intera che danneggia la religione islamica e i musulmani che vivono in occidente”, e invitato tutti “a continuare a lavorare insieme per una società coesa e stabile e contro ogni forma di estremismo utilizzando i mezzi civili per risolvere ogni controversia , cioè il dialogo e il rispetto reciproco”. “La condanna è chiara, decisa, senza mezzi termini”, chiosa l’imam di Trento, Aboulkheir Breigheche.

Sdegno anche da parte dei rappresentanti politici trentini, dal presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti (“Auspichiamo che ciò non inneschi processi a catena. La vita umana viene prima dell’affermazione di qualunque idea o ideologia”), alla presidente del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige, Chiara Avanzo (“Un attacco ai principi di libertà di espressione e di critica che sono la base del giornalismo e sono nel cuore dell'Europa moderna”). Mentre da chi si interessa al mondo islamico per ragioni di studio arriva l’invito a mantenere alta l’attenzione perché non possa accadere che si associ l’azione di terroristi imbevuti di ideologie all’islam tout court fomentando l’odio dell’Occidente nei confronti dei musulmani: dopo la strage di Parigi, avverte il professor Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici al Dipartimento di lettere e filosofia dell’Università di Trento, è un dato di fatto l’incremento di sentimenti di odio verso i musulmani, non solo in Francia, ma in tutta Europa. Concorda Breigheche: “Il nostro timore è che questo attentato, che è contro la religione islamica e danneggia i musulmani e l’islam in Occidente, alimenti ancora di più l’islamofobia che in diverse parti d’Europa si avverte. E l’Italia non ne è immune”.

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