Quegli arsenali dimenticati

Anche quest'anno si è tenuto in Trentino il tradizionale incontro dell'Isodarco, dedicato all'esame della situazione degli armamenti nucleari nel mondo. Sotto la direzione dei professori Tariq Rauf (responsabile per la non proliferazione all’Istituto di ricerche sulla pace di Stoccolma e già alto esponente all'agenzia internazionale per l'energia atomica di Vienna) e Paolo Foradori (Università di Trento), l’incontro ha visto la partecipazione di un centinaio di esperti provenienti tra l’altro da Usa, Iran, Austria, Emirati Arabi, Finlandia, Russia, Pakistan, Cina e Italia.

Se le questioni nucleari al momento sembrano passate in secondo piano, soppiantate dal fondamentalismo islamico e dalla crisi ucraina, esse continuano a rivestire grande importanza: gli arsenali mondiali custodiscono migliaia di ordigni potentissimi, capaci di causare disastri su scala inimmaginabile. Se negli stati maggiormente ricchi e sviluppati queste armi sono (abbastanza) ben protette, i focolai di tensione in teatri come quello indo-pachistano o coreano sono più preoccupanti. Inoltre tutto lo scenario mediorientale ha sempre la potenzialità di creare disastri, con Israele che è una grossa potenza nucleare, l'Iran che sta acquisendo la capacità di svilupparne (sebbene le sue massime autorità abbiano solennemente dichiarato di non volerle, considerandole “anti-islamiche”), vari paesi del Golfo Persico che hanno aggressivi programmi di centrali nucleari civili (che – come dimostra la storia – sono spesso state il paravento per dotarsi poi dell'arma atomica).

Resta il fatto che quanto maggiori sono gli arsenali, tanto più elevato è il rischio. Ed è triste notare come non vi sia oggi un serio impegno per la loro diminuzione. Men che meno ciò appare probabile adesso, con il ritorno tra Usa e Russia del clima della guerra fredda. E se le maggiori potenze non riducono i loro stock, perché dovrebbero farlo quelle che hanno meno di un decimo dei loro armamenti?

L'incontro Isodarco ha evidenziato le contraddizioni che caratterizzano questo settore. Tra gli esempi citati, l'accordo che ha permesso all'India di accedere alla tecnologia atomica americana; la vendita dei missili Trident alla Gran Bretagna; gli accordi di limitazione dell'export nucleare solo ai paesi amici mentre il trattato di non proliferazione nucleare (TNP) prevede l'assistenza senza discriminazioni. E c'è poi il differente atteggiamento della comunità internazionale nei confronti di paesi come Israele (il cui programma nucleare non è mai stato messo in discussione) e Iran (oggetto invece di forti pressioni e sanzioni).

Si può sperare in tempi migliori? Nel maggio 2015 si terrà la periodica conferenza di revisione del trattato di non proliferazione nucleare: vari paesi tenteranno di imporre alle superpotenze di impegnarsi con una data precisa per il disarmo totale nucleare. Non c'è però da farsi molte illusioni. La real-politik è difficile da superare. In molti auspicano un intervento delle massime autorità religiose mondiali per richiamare i leader politici alle loro responsabilità e ad avere il coraggio di intraprendere strade nuove. Sperare si deve.

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