Disarmiamo le banche

A quindici anni dal lancio è tempo di bilanci

La Quaresima 2015 sia una “Quaresima disarmata”. Lo propongono, in un editoriale comune, le tre riviste Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia per rilanciare la campagna “Banche armate”. Lanciata nel 2000 in occasione del Grande Giubileo da tre riviste (Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia), la Campagna di pressione alle “banche armate” compie quindici anni. E’ tempo di bilanci, ma anche di rinnovare alcune proposte oggi ancora più urgenti. Perché le banche sull’import-export di armi continuano a lucrare. I dati lo confermano, ricordano le tre riviste: “Nel 2013 è stato di quasi 2,7 miliardi di euro il totale delle transazioni bancarie effettuate da paesi committenti all’industria armiera; erano poco più di 2,7 miliardi nel 2012 e 2,3 miliardi nel 2011. Sui conti di istituti di credito italiani e stranieri con presenza sul nostro territorio transitano soldi per il trasferimento di armi a paesi dove sono in corso conflitti, come Egitto, Turchia e Israele. E a nazioni che violano i diritti umani, vedi Arabia Saudita, Algeria ed Emirati arabi”. Sebbene la legge 185 del 1990 lo vieti, tutto ciò – rimarcano – “avviene nel silenzio del Parlamento, della società civile e anche di noi, comunità cristiane, che mentre applaudiamo ai ripetuti appelli di papa Francesco per la pace rimaniamo poco propensi a tradurli in impegno concreto”.

Facciamo il punto con Giorgio Beretta della Rete italiana per il disarmo, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia e collaboratore di Unimondo.

Beretta, ci ricorda gli obiettivi della Campagna di pressione alle “banche armate”?

“Sono due gli obiettivi che la Campagna si è posta fin dall’inizio: cercare di portare gli istituti di credito ad emanare direttive restrittive, rigorose e trasparenti sulle operazioni in appoggio alle esportazioni di armi (e, più in generale, riguardo a tutte le attività di finanziamento alle industrie militari) e mantenere alta l’attenzione del mondo politico e delle associazioni, laiche e cattoliche, sulle autorizzazioni rilasciate dall’esecutivo per le esportazioni di armamenti”.

Dopo 15 anni possiamo dire che tali obiettivi sono stati raggiunti?

“Il primo obiettivo sì, almeno da parte dei principali gruppi bancari italiani. Per un’analisi dettagliata delle risposte dei gruppi bancari alle richieste della campagna rimando al sito www.banchearmate.it , ai dossier curati dalle tre riviste e al sito www.unimondo.org”.

Quanto al secondo?

“In questo caso dobbiamo registrare il recente, forte incremento di esportazioni di sistemi militari dall’Italia soprattutto verso i paesi in zone di conflitto, a regimi autoritari, a nazioni altamente indebitate e alle forze armate di governi noti per le gravi e reiterate violazioni dei diritti umani”.

La legge 185 assegna un forte ruolo di controllo al Parlamento.

“E’ preoccupante che sia venuto meno il controllo parlamentare e che sia stata erosa l’informazione ufficiale, tanto che oggi è impossibile conoscere con precisione dalla Relazione governativa le operazioni autorizzate e svolte dagli istituti di credito per esportazioni di armamenti”.

Come si è mossa la Campagna?

“Il mese scorso insieme alla Rete italiana per il Disarmo ha inviato una lettera a tutti i gruppi parlamentari chiedendo di riprendere il controllo delle esportazioni di armamenti e di attivarsi affinché nella Relazione governativa venga ripristinata la completa informazione richiesta dalla legge 185”.

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