La nuova “road map” dello sviluppo

Tramonta l’era degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delineati a New York nel settembre del 2000. Quindici anni dopo, nello stesso luogo, nel corso di una sessione speciale dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) tenutasi a fine settembre, i capi di Stato e di governo del mondo hanno presentato, discusso e adottato il programma di sviluppo globale che subentrerà a quello dei Millennium Goals.

Quella a cui a lungo ci si è riferiti come l’“Agenda post-2015” ha dunque ora visto la luce. La formalizzazione dei cosiddetti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG, Sustenaible Development Goals) ha seguito un percorso, durato almeno due anni, per elaborare una strategia di sviluppo condivisa da tutti gli attori della comunità mondiale: non solo dai 193 Stati membri dell’ONU, ma anche dalla società civile con le sue associazioni e i suoi gruppi di pressione, e dal settore privato delle donazioni, coinvolto per la prima volta nella definizione del piano mondiale. Sostenibilità è la parola chiave della nuova “road map” dello sviluppo che guiderà l’ONU fino al 2030.

Sono 17 i nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Alcuni dei ben noti Obiettivi del Millennio sono stati meglio specificati e scissi in punti a sé, altri sono stati ricondotti in un’unica generale azione. La necessità di eliminare la povertà estrema resta il primo degli impegni della comunità internazionale (1° obiettivo), ma ad essa si affianca l’obiettivo di porre fine alla fame nel mondo garantendo un adeguato nutrimento a tutti gli abitanti del pianeta (2° obiettivo). La parola d’ordine della “sicurezza alimentare” promossa dalle Agenzie ONU cede il passo alle istanze dei fautori della sovranità alimentare, non solo ricercando il mito della “Zero hunger” (“Fame zero”), ma anche promuovendo un’agricoltura che sia sostenibile. “La realizzazione di condizioni di vita sana per tutti e a tutte le età” (3° obiettivo) racchiude ben tre degli obiettivi del passato programma: ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere Hiv-Aids, malaria, tubercolosi e altre gravi malattie. Tale concentrazione fa già discutere: si teme che la riduzione dell’attenzione data al settore (e dunque dei finanziamenti ai programmi in atto) possa determinare un rinvigorimento di certe epidemie o anche la perdita delle buone pratiche raggiunte per la salvaguardia delle gestanti o per la diminuzione della morte dei bambini sotto i 5 anni. Riflessione che poco è attenuata dall’inserimento nel decalogo di un punto specifico volto a garantire globalmente acqua pulita e servizi igienici (6° obiettivo). Il raggiungimento di un’educazione di qualità equa e inclusiva (4° obiettivo) e la lotta per ottenere l’eguaglianza di genere (5° obiettivo) restano due impegni condivisi dalla comunità internazionale.

Con l’aggettivo “sostenibile”, la comunità internazionale ha scelto di ampliare l’intervento globale su temi finora meno centrali: l’ecologia, l’economia e la giustizia. L’accesso a un’energia pulita (7° obiettivo), la costruzione di città inclusive, sicure e sostenibili (11° obiettivo), l’azione di misure urgenti per combattere il cambiamento climatico (13° obiettivo), la protezione degli ecosistemi marini (14° obiettivo) e terrestri (15° obiettivo) costituiscono la tanto auspicata agenda “green” (verde), che giunge insieme al primo impegno del governo di Pechino a una riduzione dei gas. La promozione di un’economia differente dall’attuale, che favorisca la crescita economica insieme a un’offerta di lavoro dignitoso (8° obiettivo), che miri a un processo di industrializzazione globale purché sostenibile (9° obiettivo) e che favorisca modelli di produzione e di consumo sostenibili (12° obiettivo), non può che risentire della crisi economico-finanziaria in atto e delle sue conseguenze sociali.

All’interno del programma globale c’è infine un esplicito riferimento a obiettivi di giustizia sociale: la riduzione delle iniquità all’interno e tra gli Stati (10° obiettivo) si accompagna alla promozione del diritto alla pace, fondata sullo stato di diritto e sulla tutela dei diritti umani (16° obiettivo) e al rafforzamento del partenariato globale (17° obiettivo).

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato da www.unimondo.org)

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