“Il nostro bunker è l’individualismo”

Il filosofo polacco Zygmunt Bauman a Trento parla dell'utopia di una “società giusta” e indica il valore della “dignità umana” per non pensare solo alla propria sopravvivenza

“I problemi della società contemporanea dipendono infatti dall'aver sacrificato troppa sicurezza per avere maggiore libertà”

“Fino a poco tempo fa pensavamo all’utopia come al topos di cui parla Thomas More, terra di nessuno e, al tempo stesso, luogo che esiste, raggiungibile, ma quell’isola lontana è stata eliminata dalla privatizzazione dell’utopia, frutto di processi in atto negli ultimi 40 anni: non ci fidiamo delle istituzioni e non riponiamo più le nostre speranze nei leader politici e nei partiti e in parallelo si è affermato un processo di individualizzazione in base al quale le funzioni che questi poteri promettevano di eseguire sono state trasferite all’individuo. Ognuno deve risolvere con i propri mezzi e risorse problemi socialmente prodotti e, abbandonata la speranza di migliorare il mondo e la società, guardiamo al futuro preoccupandoci di costruire nicchie e rifugi solo per noi stessi e i nostri cari”.

Se Miguel Benasayag aveva invitato a rivendicare il tempo dei pensieri complessi, Zygmunt Bauman ha aperto ufficialmente "Utopia500. Cercando una società più giusta" con una lectio magistralis dedicata all'"utopia del futuro dell'utopia", titolo suggestivo di cui ha discusso insieme al suo coautore Riccardo Mazzeo domenica 31 gennaio in una gremita sala della Cooperazione dalla quale molti sono rimasti fuori.

Il famoso sociologo e filosofo polacco novantenne, già ospite a Trento per partecipare a varie edizioni del Festival dell'economia e atteso protagonista del secondo appuntamento dell'anno utopico inaugurato con il prologo di due settimane fa, ha dato corpo al concetto di utopia con un figura altamente evocativa, quella di un bunker sottoterra che ci protegge dal pericolo di un'esplosione nucleare. Un bunker a disposizione di pochi, però, e non dell'intera comunità, decretando così il naufragio di quel progetto di società giusta e armoniosa immaginata da More per tutti che implicava il sacrificio di qualche godimento e vantaggio personale per un fine superiore e la cooperazione con altri esseri umani.

L'incontro è stato trasmesso in diretta streaming sul sito della Provincia e al saluto di Claudio Martinelli, direttore responsabile del Servizio Attività culturali della Provincia autonoma di Trento, che sostiene il progetto ideato dalla casa editrice trentina Il Margine per festeggiare i 500 anni dalla prima pubblicazione di "Utopia", è seguito l'invito di Francesco Ghia a leggere il testo e riattualizzarne il messaggio, ponendo attenzione alla cura della società fragile in cui viviamo.

"Thomas More diede nome ad una qualità umana che ci appartiene da sempre: sognare, pensare la realtà in modo diverso – ha esordito Bauman -, ma la storia ha mostrato che, nel tendere all'obiettivo di realizzare una società ideale, ogni azione viene subordinata a questa impresa e ogni mezzo è così giustificato anche se comporta un prezzo da pagare: il perpetuarsi di violenza e sofferenze". Se l'utopia è istinto connaturato che ci spinge a migliorare, risolvere un problema dopo l'altro non ci porta alla vittoria su ciò che è male per gli uomini: "Non illudiamoci – ha ammonito il filosofo -: le nostre azioni non possono avere successo perché ogni soluzione crea nuovi problemi".

Nel corso dell'analisi, è poi emerso un altro spunto di riflessione: "Occorre equilibrio tra due valori indispensabili per vivere una vita accettabile e degna, sicurezza e libertà, ma il pendolo oscilla sempre tra i due estremi. L'incertezza di cui oggi soffriamo, acuita dalla grave crisi occupazionale europea e dalla demolizione del welfare state, dipende dal fatto che non sappiamo su chi possiamo contare e siamo disposti a cedere libertà democratiche, scambiandole per avere maggiore sicurezza". I problemi della società contemporanea dipendono infatti dall'aver sacrificato troppa sicurezza per avere maggiore libertà, e sperimentiamo la contraddizione tra senso di appartenenza alla comunità che aiuta in caso di necessità e vincolo al rispetto delle regole che disciplinano la convivenza ma condizionano la libertà.

Con l'avvento di internet, inoltre, la rete ha sostituito la comunità, trasformando le sfere di appartenenza in quelle dell'autoaffermazione, ma "chi aderisce a movimenti fondamentalisti e nazionalisti esprime il bisogno insoddisfatto di appartenere a gruppi che stabiliscano confini rispetto alla fluidità della rete".

"Ricordate – ha concluso Bauman -: c'è un valore che si chiama dignità umana". L'utopia a cui deve aspirare l'uomo consiste dunque nel non pensare solo alla propria sopravvivenza, ritrovando la capacità morale di vivere con gli altri, senza lasciarsi imprigionare nelle maglie di una rete che prosciuga la nostra umanità, condannando all'incapacità di instaurare legami significativi off-line, fuori dalla rete.

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