L’utopia del “bambino competente”

L'esperto di adolescenza: “E' un bene valorizzare il ragazzo, ma senza esagerazioni che portano il narcisismo a diventare patologia”

Dal bambino competente all'adolescente narciso che posta sui social network non immagini naturali o di monumenti ma dell'unico soggetto verso il quale indirizza l'obiettivo: se stesso. Ancor meglio, nell'epoca dei selfie, se questa rappresentazione di sé include un personaggio famoso perché, se pensi di non valere nulla, non è sufficiente nemmeno puntare lo sguardo solo su di te, temendo quello giudicante e potenzialmente emarginante degli altri che fa sentire inadeguati e provoca rabbia e vergogna.

Il noto psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet, specialista dell’età adolescenziale, ha parlato della rivoluzione antropologica che da 30 anni sta caratterizzando il rapporto tra adulti e adolescenti in Italia nel corso dell’incontro che domenica 11 settembre ha attirato in un affollato Teatro Sociale, a Trento, genitori, educatori, insegnanti, giovani per il nuovo appuntamento dedicato a “L’utopia di educare. Genitori, insegnanti e adolescenti: la sfida della libertà”, promosso dalla casa editrice Il Margine all’interno del progetto culturale “Utopia500”.

"Il bambino non è più considerato tabula rasa, alla stregua di un piccolo selvaggio da civilizzare, a cui insegnare regole di convivenza, ma buono, innocente, competente – ha esordito Charmet introdotto da Maurizio Camin della Cooperativa Arianna -: un piccolo animale sociale molto sofisticato che nasce già con il suo temperamento, il suo carattere e potenziali talenti da sviluppare".

Il bambino esercita la sua competenza inaugurando una "danza interattiva" che aiuta la donna a diventare madre e l'uomo a scoprire cosa significa la paternità, in uno scambio positivo finalizzato al benessere e alla crescita personale, e i genitori si mettono in ascolto per aiutarlo a diventare se stesso e capire che tipo di risorse gli possono essere utili per realizzarsi ed essere felice. Ma, nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza, l'utopia del "bambino competente" al quale dare più amore e meno regole e castighi, va incontro ad alcuni inconvenienti e, rispondendo alle molte domande della platea, Charmet ha affermato che nella società del narcisismo l'etica è morta e conta l'estetica, ossia la bellezza del sé e la sua realizzazione perciò "è un bene valorizzare il bambino, ma senza esagerazioni che portano il narcisismo a diventare patologia”.

E ancora, esemplificava: “È importante portare i bambini nei musei, in mezzo alla natura, far vedere e scoprire le cose dal vivo non solo su internet, curarne l'educazione culturale, abituare a coltivare passioni: "Ogni attività che sia espressione di sé è narcisistica, ma se è praticata perché finalizzata allo stare bene e non per ottenere l'attenzione altrui o la gratificazione del riconoscimento del gruppo, allora aumenta il livello di stima e di autonomia personale".

Oggi i bambini sono spontanei, affabili, giocosi, poi però quando crescono, la fonte del sapere diventa il gruppo: “A insegnare come si fa ad avere successo e realizzarsi è il gruppo che è collaudo di capacità e risorse ma è pericoloso perché libera dalla noia e dalla solitudine, creando dipendenza", ha detto lo psichiatra sottolineando l'importanza di restaurare i riti di passaggio all'età adulta.

Gli adolescenti hanno ideali di bellezza, di successo, popolarità ma, se non realizzati, provocano il dolore narcisistico della vergogna sociale, rabbia e desiderio di vendetta. Quale compito spetta allora agli adulti? "La comunicazione autentica passa attraverso la condivisione di esperienze e la testimonianza concreta: i genitori devono mostrare che i valori in cui credono sono importanti perché nutrienti. Questa generazione di giovani – ha poi concluso – che non ha paura degli adulti e della scuola, percepita non al servizio della loro realizzazione ma di se stessa, teme lo sguardo altrui che li può umiliare e non è preoccupata per il futuro: ha paura di non farcela adesso, oggi. Per farsi coraggio, occorre qualcosa di speciale perciò non abbandoniamoli a se stessi e alla dipendenza dal gruppo: nella società del consumo ci sono anche spacciatori di illusioni e di sostanze".

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