Negli orti del Brione si coltivano anche le relazioni

Riva, sull’area ex Maceri a Sant’Alessandro saranno realizzati una trentina di orti
Non i classici orti urbani, destinati solo alla coltivazione di ortaggi, né un giardino pubblico tradizionale, bensì un luogo in cui favorire lo sviluppo di valori come la solidarietà, la sicurezza, il senso di appartenenza. È prendendo spunto da una pratica ormai diffusa nei Paesi del nord Europa che i consiglieri comunali Isabella Iandarino e Giuseppe Giuliani hanno illustrato nei giorni scorsi il progetto “Gli orti del Brione”, iniziativa che oltre ad aver già raccolto il benestare del sindaco per esser inserito nel piano delle opere di carattere sociale previste per il 2018 ha suscitato l’interesse di associazioni, enti pubblici e privati, scuole, cooperative.

Obiettivo principale del progetto è infatti quello di creare uno spazio verde, aperto e polivalente, da adibire alla coltivazione condivisa di frutta e verdura ma anche di relazioni, ed esser vissuto così dalla città come luogo di aggregazione, formazione e crescita.

L’area individuata è quella dell’ex Maceri a Sant’Alessandro, circa 2.900 metri quadri di proprietà comunale interamente recintati e situati in posizione strategica, facilmente raggiungibile grazie alla vicinanza della pista ciclabile e della fermata degli autobus. Al momento, una quota del terreno è dedicata alla coltivazione dell’ulivo e di leguminose, e in minima parte occupata dalla giardineria comunale; il progetto si propone di ricavarne una quindicina di orticelli da circa 60 metri quadrati l’uno, un’area giochi per bambini, alcuni spazi di fruizione comune arredati da tavoli, panchine, barbecue, e di convertire il fabbricato esistente in deposito attrezzi, laboratorio per attività ludico-didattico, servizi igienici.

“Gli ‘orti’ non saranno dunque spazi fine a se stessi ma strumenti destinati a veicolare il rispetto dell’ambiente, il miglioramento della qualità urbana e la valorizzazione del nostro patrimonio – spiegano Iandarino e Giuliani – Essi saranno frutto di un lavoro collettivo, realizzato in un’ottica di adesione e appartenenza alla comunità. Chi vi si accosta capirà il significato dei cicli biogeochimici, la complessità delle relazioni tra suolo, piante, insetti, l’unicità della fotosintesi, il concetto di rinnovabilità, il significato dell’attesa e della pazienza. L’orto diventerà insomma scuola di vita, per una completa assunzione di responsabilità verso il nostro pianeta”.

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