Biologico senza rete

Manca però un progetto di sviluppo concordato e condiviso

Puntualmente, come negli anni scorsi, prima della fine di marzo l’Ufficio per le produzioni biologiche della Provincia autonoma di Trento ha pubblicato i dati relativi alla situazione dell’agricoltura biologica in Trentino al 30 dicembre 2016.

Il quadro parte dal 2006 e riporta i valori delle superfici espresso in ettari distinte per tipologia produttiva. Partiamo dalla colonna dell’ultimo anno (2016).

Frutticole 518,18 ettari, vite 864,71 ha; orticole/ seminativi in rotazione 340,65 ha; foraggere 2.413,48 ha; pascolo 2.633,66 ha; piccoli frutti 22,5 ha; olivo 53,59 ha; vivaismo 6,28 ha; castagno 27,29 ha; actinidia (kiwi) 14,18 ha; noce 11,17 ha; piante officinali 12,11 ha; altri (bosco, tare e incolti, siepi, ecc.) 1.171,22 ha. Totale superficie: ettari 8.041,70. Numero aziende 985.

I dati portano anche i decimali perché controllati anche ripetutamente in quanto fungono da parametro per quantificare il premio a superficie (agroambientale) previsto dal Piano di sviluppo rurale 2014/2020.

Il confronto tra il 2006 e il 2016 conferma una forte crescita, anche se i numeri riferiti a foraggere, pascoli e incolti sono più enfatici che di sostanza.

Questo il commento dell’assessore provinciale all’agricoltura Michele Dallapiccola. “I dati pubblicati dimostrano che sta crescendo la sensibilità dei produttori in tutti i settori, ma stanno anche ad indicare che i produttori e le loro organizzazioni hanno colto l’opportunità offerta da un mercato in espansione”.

Chiediamo a Dallapiccola se e quanto si è adoperato per convincere Apot e OP frutticole a superare la ferma contrapposizione tra produzione integrata e agricoltura biologica.

L’opposizione intransigente è comune anche a Cavit che persegue convintamente il progetto produzione viticola integrata di livello superiore, ma almeno non si oppone alla produzione di uve da vino biologiche da parte di alcune cantine sociali.

Anche l’affermazione dell’assessore – “Sono stati trovati i fondi per il pagamento dei premi bio 2015 che erano rimasti bloccati” – va chiarita. Sono stati infatti utilizzati soldi destinati ad aziende biologiche (premio) per compensare agricoltori anche non allevatori che hanno falciato prati di montagna classificati biologici.

La crescita registrata nel decennio è reale, ma è avvenuta senza rete, cioè in assenza di un progetto provinciale plurivalente. Nel 2006 la Provincia ha elaborato un progetto sostenuto con uno stanziamento statale di 103.710, 38 euro che prevedeva tre misure: assistenza tecnica, divulgazione e informazione, promozione. L’attuazione delle azioni conseguenti è stata affidata all’Associazione Atabio che le ha realizzate con positivi risultati, nonostante l‘ ammontare modesto dello stanziamento. La Provincia non ha aggiunto nulla allo stanziamento statale.

Il 29 marzo 2016 il Ministero per le politiche agricole,  alimentari e forestali ha affidato alle regioni/province un piano strategico sull’agricoltura biologica che prevede una serie di obiettivi mirati per la crescita del settore sia in termini del mercato che di superficie dedicata, da raggiungere entro il 2020 attraverso un set di azioni specifiche.

Non si vola senza ali, salvo precipitare nel vuoto. Il Ministero non prevede infatti alcun sostegno finanziario per la sua realizzazione, ma demanda a province e regioni l’attuazione del piano.

Già nella fase di preparazione del nuovo Piano di sviluppo 2014/2020 l’assessore Dallapiccola aveva ricevuto da funzionari competenti un documento intitolato “Agricoltura biologica, agricoltura sociale, ambiente, biodiversità”.

La proposta mirava ad innovare gli interventi nel settore biologico attivando tutte le azioni previste dal PSR evitando il confinamento del settore biologico nell’ambito dei soli premi agroambientali. La proposta non ha avuto seguito.

Va specificato che il testo si ispirava all’approccio strategico per l’agricoltura biologica indicato dall’Unione europea in vista della nuova programmazione.

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