Sulle rotte dei rifugiati, attraverso i Balcani

“La guerra dilaga ai confini meridionali e orientali del nostro ghetto di benessere e ogni singolo rifugiato ne è l’ambasciatore: i rifugiati sono la realtà che irrompe nelle nostre coscienze”

Fino a quando la via non è stata in gran parte interrotta per via dell’accordo tra l’Unione europea e la Turchia, siglato lo scorso anno e che prevede che i migranti se li tenga il “sultano” Erdogan dietro compenso di 6 milioni di euro, migliaia e migliaia di profughi seguivano la rotta balcanica, sbarcando in Grecia e risalendo Macedonia, Serbia, Croazia e Ungheria per poi cercare di “approdare” in Austria, Germania e nei Paesi scandinavi.

Navid Kermani, scrittore e giornalista tedesco, insieme al fotografo Moises Saman, ha seguito molti di loro realizzando un reportage che in parte venne pubblicato a ottobre del 2015 dal settimanale “Der Spiegel”. In seguito, Kermani ne ha realizzato un vero e proprio racconto, uscito in libreria e ora tradotto dall’editore roveretano (Roberto) Keller: “L’impeto della realtà. Sulla rotta dei rifugiati attraverso l’Europa” (14 euro). L’isola di Lesbo, dove i profughi (provenienti perlopiù da Afghanistan, Iraq e Siria) sbarcano dalle coste turche di Asso dopo essere passati da Smirne, e non solo, il porto del Pireo in Grecia, Belgrado, il confine tra Croazia e Ungheria, Budapest, Colonia, sono le tappe del giornalista. Un viaggio dolente, al seguito di famiglie, ragazzi, anziani che scappano da condizioni di vita disumane, da Paesi in guerra, alla ricerca di una vita migliore e che a migliaia, ad esempio in Serbia, sono rimasti bloccati, lo sono ancor oggi, dopo la chiusura delle frontiere.

Il giornalista raccoglie le storie di molti di loro, le speranze, i timori. Ne racconta le condizioni di vita, le sofferenze lungo il cammino, prima a bordo dei gommoni, poi a piedi, in autobus, in treno, che non sanno se porterà a destinazione. Ma descrive anche le carenze degli aiuti, soprattutto nei Balcani, l’ostilità dell’Ungheria, mentre a Lesbo la “macchina” umanitaria era ben presente. “Una politica comune europea in materia di rifugiati – riflette Kermani – è un ‘obiettivo ancora più lontano considerati i successi elettorali, già riscossi o attesi, dei partiti nazionalisti”. “Ciascuno di loro (inteso come ogni profugo, ndr) – aggiunge – avrebbe una storia da raccontare, una storia che per la sua drammaticità , per il suo dolore e per la sua violenza è oggi estranea alla vita occidentale europea: barili bomba sganciati sulla propria città, persone crocifisse ostentate per giorni in luoghi pubblici, torture dopo la messa in scena di una pièce teatrale critica. La guerra dilaga ai confini meridionali e orientali del nostro ghetto di benessere e ogni singolo rifugiato ne è l’ambasciatore: i rifugiati sono la realtà che irrompe nelle nostre coscienze”.

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