Crescente interesse verso la “residenzialità leggera”

Che stia fermentando l’interesse intorno al tema della “residenzialità leggera” ne è stata la riprova la presenza di un attento pubblico riunito a Vezzano. Approfondimento e confronto esperienziale per almeno un’ottantina di persone, anzitutto professionisti del Dipartimento di salute mentale e cure primarie, medici di medicina generale, operatori dei servizi sociali e del privato sociale come pure rappresentanti istituzionali e del terzo settore per quella che voleva essere una tavola rotonda sulla “Residenzialità leggera in Trentino”.

Animazione e coabitazione per accrescere la qualità della vita di soggetti portatori di disagio psichico o affetti da disturbi della personalità, adottabili quale “modello per tutti noi che siamo vulnerabili”, nella sollecitazione introduttiva della dottoressa Nicoletta Deavi, responsabile del Servizio socio assistenziale della Valle dei Laghi.

La promozione del diritto all’abitare autonomo di persone con fragilità incrocia lo stanziamento di risorse pubbliche e private, sanitarie e sociali, contaminando ambiti d’intervento “in modo responsabile, alternativo e creativo”. Progetti che, fissati i limiti dell’intervento psichiatrico, divergono dall’abitare tradizionale così come lo conosciamo senza peraltro tendendo verso specifiche “risposte umane”, alternative e creative, di “ogni persona che deve essere considerata una risorsa per sé e per gli altri”.

Responsabilità, la parola chiave introdotta dalla moderatrice Deavi e contestualizzata ad “accordi di convivenza” stretti tra ospite e cooperativa (o locatore convenzionato) per motivi di solitudine piuttosto che di compartecipazione ai costi abitativi o di soddisfacimento dei bisogni assistenziali. Gli esempi in provincia di Trento si rincorrono: auto mutuo aiuto abitativo “Vivo.Con” – tratteggiato da Marta Spanevello nel corso dei lavori seminariali – mirato su persone in cerca di una sistemazione abitativa temporanea; accoglienza adulti, di cui Marina Cortivo ha riportato costi (retta massima: 723 euro) e benefici (55 accoglienze a Trento nel 2016); “Silver cohousing”, anglicismo che sta a significare la possibilità per gli anziani di vivere insieme tra loro condividendo spazi, affetti e spese così come illustrato da Maurizio Suighi, forte della sperimentazione di “Casa Tassullo”; progetto di residenzialità “Prove di Volo”, snocciolato da Osvaldo Filosi e tradotto dalla Cooperativa La Rete in forme di convivenza tra persone affette da disabilità.

Una gamma di idee concrete e differenziate per ambito territoriale ma accomunate dalla ricerca della migliore fruizione dei supporti socio-sanitari e integrativi in uno stesso ambiente di vita da condividere, se è vero che, come si vorrebbe, “due fragilità possono diventare una forza”. Inorgoglisce sapere che la rete ordita in Trentino tra il settore pubblico e quello privato “in altre zone d’Italia non esiste”, a detta di Deavi.

Trento “che potrebbe essere una provincia pilota del coabitare” ricorre all’asso nella manica rappresentato dall’associazionismo locale, capace di “fare la differenza” come quello che fregia la Valle dei Laghi i cui volontari hanno occupato la stragrande maggioranza dei posti a sedere durante una mattinata di confronto partecipato col proposito di “creare un metodo di lavoro riproducibile” senza risposte preconfezionate, importante per gli orizzonti che apre, per i risvolti che comporta e per le figure professionali che coinvolge anche in contesti vallivi relativamente limitati.

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