Lungo l’antico corso dell’Adige

I segni della presenza dell’antico corso del fiume Adige, deviato alla fine dell’Ottocento per evitare i danni di piene improvvise, sono oggi quasi impercettibili. Di quelle che erano un tempo le sue antiche sponde restano tracce che solo un occhio esperto sa cogliere: là quelle finestre troppo basse per giustificarne la presenza, qua l’arco acuto di un portone le cui spalle affondano nel terreno fino a scomparirvi.

La Torre Verde a nord, Torre Vanga a Ovest, e in mezzo Palazzo Galasso (o “del diavolo”) e la Biblioteca comunale, che si trova all’interno di quello che era il Collegio dei Gesuiti, fondato nel Seicento per volontà della Compagnia di Gesù, sono alcuni dei luoghi scelti per raccontare il rapporto di Trento con il suo fiume. “Luoghi importanti ed emblematici”, spiega Chiara Radice, storica dell’arte, che introdurrà con brevi cenni storici le “passeggiate animate” alla ricerca delle tracce dell’originario passaggio del fiume. Quell’ansa piuttosto ampia che tra il 1848 e il 1859 gli Austriaci decisero di tagliare spostando il corso del fiume nella posizione attuale era stata scelta dagli antichi romani per ragioni di difesa – era un’ottima barriera naturale -, ma anche per sfruttare una via di comunicazione che fu poi utilizzata per lunghi secoli, almeno fino al Rinascimento. “Le due torri, Torre Verde e Torre Vanga, erano i due baluardi ad inizio e conclusione delle mura cittadine: dobbiamo immaginare Trento come una città turrita e fortificata, circondata da mura che si interrompevano a nord dove l’Adige chiudeva la città e la difendeva dalle possibili invasioni”. Così la vide e la ritrasse Albrecht Dürer in un celebre acquerello. “In quel dipinto si vedono distintamente gli alberi da frutto che si trovavano su quell’ansa, le mura e le torri del castello del Buonconsiglio, il borgo di San Martino – l’unico al di fuori della cinta muraria e dotato di una doppia porta, la porta di San Martino nei pressi di Torre Verde e un’altra al termine di via San Martino”.

L’ansa “cancellata” a fine Ottocento resta nell’attuale tracciato delle vie Torre Verde e Torre Vanga. “Per un po’ l’Adigetto continuò a scorrere al centro di queste vie, poi fu interrato. Ma continua ad alimentare con la sua acqua il laghetto dei giardini di piazza Dante”, spiega Radice, per tornare poi in superficie e scorrere tranquillo accanto al “fratello maggiore”, dove infine si getta. “Scorre a quattro metri di profondità, come sanno bene gli abitanti delle case di via Torre Vanga, che in occasione di forti piogge vedono risalire l’umidità o si ritrovano addirittura con le cantine allagate. Certo, in questi giorni di gran caldo e siccità è difficile da credere…”, osserva Radice. A fare i conti con le acque sotterranee è anche la Biblioteca comunale. “Mi raccontava l’ex direttore Fabrizio Leonardelli che è un problema che anche loro riscontravano”.

Lo spostamento del fiume ha comportato nel tempo l’innalzamento del piano della città. “Lo si vede molto bene ad esempio nel giardino della Biblioteca: ci sono finestre collocate molto in basso che non hanno motivo di esistere da un punto di vista architettonico e la cui presenza si spiega solo considerando che l’edificio un tempo aveva un altro piano, oggi sotterraneo”. Sono segni dell’antica presenza del fiume che sfuggono al visitatore frettoloso, ma che le “passeggiate animate” di “Unda fluminis” faranno riscoprire, attraverso i linguaggi del teatro, della danza e della musica.

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