“L’enciclica è ancora più fresca”

Padre Federico Lombardi spiega 3 anni dopo com'è nata la Laudato Sì' e perchè Papa Francesco richiama an cora il mondo alla responsabilità per la casa comune

“Ricordo ancora la precisa domanda che mons. Golser, allora sacerdote, fece a Papa Benedetto nel Duomo di Bressanone sul tema della salvaguardia del Creato. E non dimentico anche la risposta che egli diede sull'importanza di educare il popolo non solo alla riconoscenza per il Creato ma anche alla responsabilità”: è l'aneddoto che padre Federico Lombardi, gesuita, collaboratore degli ultimi tre Papi ha raccontato in un recente incontro a Bolzano, promosso dal Teatro Cristallo e dalla Caritas sul tema della “cura della casa comune”. Lo abbiamo intervistato.

Padre Federico, sono passati tre anni il 13 giugno dalla pubblicazione della “Laudato Sì'”. E' possibile trarre un bilancio del suo impatto sull'opinione pubblica?

Un'enciclica è diretta a tutta la Chiesa e al mondo intero. Bisognerebbe capire come nelle diverse Chiese locali è stata recepita. Ha avuto un impatto notevole, perchè si è colta come la risposta autorevole su questioni che l'umanità di oggi sente sempre di più come decisive per il suo futuro. Sarà abitabile il pianeta nel futuro? E lo sviluppo sarà sostenibile?

Penso che col passare del tempo l'enciclica venga giustamente utilizzata come punto di riferimento, sia in dibattiti locali o convegno internazionali.

L' ha giudicata negativamente chi vorrebbe difendere certe linee di sviluppo che vanno contro le tesi esposte….

Sì, penso ai teorici di certe economie basate sul carbone che vedono la difficoltà di aderire alle alternative proposte. Penso però che l'enciclia lavori in profondità, a lungo termine. Nell'ultimo viaggio per un convegno in Costarica su questo tema ho visto – come in tutta l'America latina – quanto sia sentito.

Qual è stata l'ispirazione più cogente dell'enciclica?

Francesco si è sentito sfidato dalle domande emergenti su questi temi, domande molto profonde che interrogano sul piano culturale ed esistenziale. Se ne era già occupato per il documento di Aparecida del 2007, le aveva toccate con mano nella periferia di Buenos Aires;, su questi temi lo hanno interrogato tanti capi di Stato come il presidente francese Hollande prima della Conferenza di Parigi. Lo stesso Patriarca Bartolomeo, citato nel testo, ha avviato iniziative importanti insieme a lui.

Con quest'enciclica è riuscito a fare un discorso globale, a tutto il mondo. Ha parlato come autorità morale, connettendo tra loro tanti problemi dell'umanità di oggi in un discorso sistematico.

Quando gliene parlò personalmente la prima volta, padre Federico?

Non ricordo una determinata data. Certamente mi aspettavo che avrebbe fatto qualcosa di importante sulla responsabilità verso il Creato in quanto aveva scelto il nome Francesco per la pace, per i poveri ma anche per l'attenzione alle creature. Dopo l'udienza con Hollande, fu il presidente francese ad annunciarci che il Papa gli aveva confidato che stava preparando un'enciclica su questi temi.

Il santo di Assisi apre e chiude il testo con la sua preghiera.

Lo attraversa, direi, anche perchè San Francesco ne è l'ispiratore. Il Papa sa che egli non è lo studioso, ma il cristiano che con la sua vita e i suoi gesti ci fa capire che siamo chiamati ad una conversione ecologica, totale. Anche leggi e disposizioni non hanno lunga durata se a livello popolare non c'è una motivazione profonda che orienta questi atteggiamenti di rispetto, solidarietà, condivisione.

L'enciclica ha uno stile non dogmatico, ma coinvolgente…

Il Papa assume l'atteggiamento del dialogo, fa capire che vuol parlare con tutte le persone di buona volontà. In questo senso il sottotitolo “Sulla cura della nostra casa comune” evidenzia che dobbiamo tutti sentirci in un legame di solidarietà: la nostra è una casa che deve accogliere tutti.

E' vero che il Papa ha accelerato i tempi per arrivare prima dell' importante incontro di Parigi sul clima?

No, ha rispettato le varie revisioni di esperti e teologi, ma puntava certamente a far sì che questa riflessione potesse anticipare il confronto fra i responsabili delle nazioni sul tema dei cambiamenti climatici.

La Laudato Sì’ presenta l’obbligo di consegnare l’ambiente a chi verrà dopo di noi.

Noi siamo abituati nel modo in cui è organizzata la nostra economia a vedere sempre dei beni particolari. Il fatto che vi siano beni comuni per tutti – atmosfera, terra, oceani – è un'idea che non abbiamo ancora saputo tradurre in modo efficace. In Costarica ci si chiedeva come inserire nella nostra economia una valutazione dell'incidenza degli effetti che i nostri modi di produrre hanno su questi beni comuni, spesso dimenticati in passato.

La seconda parte dell'enciclica prevede indicazioni operative?

A tre livelli, direi. La trasformazione interiore, del nostro cuore e dei nostri atteggiamenti, anche del nostro modo di pregare.

Un secondo livello è la revisione delle nostre abitudini, del nostro stile di vita: dallo spreco dell'energia allo scarto di tante cose utili. E poi, il terzo livello, la capacità di alzare la voce per chiedere un cambiamento nei processi decisionali, esprimere anche nella vita pubblica la nostra responsabilità e la nostra preoccupazione per la casa comune. Questo può comportare anche il prendere iniziative contro certe azioni o certe attività dannose per l'ambiente o per l'uomo.

Buona agricoltura è anche buona ecologia?

Il tema dell'agricoltura è fondamentale. Un certo modo di gestire la terra può essere distruttivo. Al contrario può esserci un'agricoltura che guarda davvero alla terra come un giardino da coltivare. Non è detto che una sana ecologia significhi solo foresta vergine: una terra coltivata bene dall'uomo rientra nel progetto di Dio.

Lei è stato assistente degli scout, del Movimento adulti scout e ha pronunciato la promessa oltre 60 anni fa…

Mi ha sempre affascinato nello stile educativo scout l'amore della natura, la possibilità di vivere a contatto con la natura attarverso uscite e campeggi che ti danno la consapevoleza di gusto e gioia per la bellezza del creato che poi arricchisce tantissime la vita. Fermarsi a guardare le stelle la sera + qualcosa che fa parte della mia abitudine e della mia preghiera. Quando riconosciamo i luoghi in cui abbiamo fatto belle esperienze, comprendiamo che lì si è formata la nostra personalità in rapporto alla bellezza del mondo.

Due risposte brevi: come sta Papa Benedetto?

Direi così: sta come una persona di 91 anni che sta sostanzialmente bene. Fisicamente diventa via via più fragile ma è un godimento andare a trovarlo e parlare con lui, perchè risulta perfetto dal punto di vista delle capacità mentali, della memoria, dell'attenzione all'altro e della partecipazine spirituale e affettiva. Sta invecchiando bene, in una vecchiaia serena, lucida.

Quale sarà la prossima sorpresa di Papa Francesco?

Se è una sorpresa (sorride) non la dobbiamo sapere…

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