Il rettore difende l’ateneo

Dopo l'indagine che ha travolto il Dipartimento di Ingegneria Civile, con 17 indagati. Varie le accuse: da bandi pilotati a procedure aggirate

L’Ateneo trentino, e in particolare il Dipartimento di ingegneria civile ambientale e meccanica (Dicam), è finito sotto i riflettori della stampa locale e nazionale per un'indagine della Guardia di Finanza che si è chiusa nei giorni scorsi con 18 indagati, tra cui professori, ricercatori, funzionari dell'Università, e uno studio privato. Nella ricostruzione degli inquirenti, sono diverse le accuse: incarichi affidati a professionisti esterni senza la verifica della presenza di risorse interne idonee a svolgerli (da qui è partita l'indagine); bandi pilotati, relativi alla progettazione della nuova mensa universitaria e al progetto di revisione del Prg del Comune; appalti “parcellizzati” (dagli arredi per la nuova Biblioteca universitaria centrale alla ristrutturazione del Rettorato) per aggirare le procedure concorsuali e ricorrere all'affidamento diretto; scambi di favori tra privati e dipendenti dell'Università; l'esercizio di attività di libera professione svolto da professori a contratto (che è vietato); l'utilizzo per fini privati di un moderno laboratorio dell'Università, così come a scopi privati veniva finalizzato il lavoro di due dottorandi. I danni patrimoniali per l'Università ammonterebbero, in totale, a qualche centinaia di migliaia di euro.

Tra i nomi degli indagati (che ora, concluse le indagini preliminari, avranno modo di difendersi), l'ex dirigente della Direzione patrimonio immobiliare Rinaldo Maffei, i professori Mosè Ricci, Giorgio Cacciaguerra, Giuseppe Scaglione; il direttore del Dicam, Marco Tubino. Il giudice Marco La Ganga ha disposto per il prof. Ricci la misura interdittiva dai pubblici uffici per un anno.

In una conferenza stampa convocata lunedì 2 luglio, il rettore Paolo Collini, insieme al direttore generale dell'Università di Trento Alex Pellacani, ha difeso l'ateneo trentino, ingiustamente dipinto come “malato”. I dati, spiega Collini, ne dimostrano la salute e la qualità nella valutazione della ricerca e nella vincita di finanziamenti competitivi, che ne fanno un esempio in tutta Italia. Eppure anche in un’eccellenza “possono esserci delle ombre”, su cui va certamente fatta chiarezza in nome della serietà e della trasparenza, ha affermato il rettore, che hanno sempre guidato l’ateneo, anche nei 25 mesi di indagine. È dal giugno 2016, infatti, che l’Università è a conoscenza delle indagini e collabora con la magistratura.

Senza commentare le accuse (perché “ad oggi non abbiamo ancora accesso agli atti”), anche il direttore generale Alex Pellacani ha invitato a guardare all'indagine con le dovute proporzioni (nello stesso periodo in oggetto, dal 2013 al 2016, il volume complessivo degli affari per l'ateneo è stato di circa 90 milioni di euro) e a tenere conto del contesto normativo complesso, fatto anche di interpretazioni giurisprudenziali, che talvolta deve coordinare norme nazionali con norme provinciali, e che in questa vicenda vede intrecciarsi le due dimensioni di responsabilità amministrativa e penale. Nel ribadire le difficoltà a muoversi in questo contesto, Collini ha comunque assicurato che l’Università alzerà il suo livello di attenzione, peraltro già molto alto visto che si è dotata di regolamenti interni più restrittivi di quelli in vigore in altri atenei.

In una lettera inviata alla comunità universitaria (docenti, studenti e personale amministrativo), il rettore garantisce che “l'ateneo come istituzione non ha nulla da nascondere”. In attesa che la magistratura vagli la posizione degli indagati, “speriamo e crediamo che essi potranno dimostrare la loro innocenza, o che quelle che oggi, con qualche eccesso, vengono presentate come colpe risultino essere invece errori commessi in buona fede, nell'esercizio delle proprie funzioni”; “Se invece le indagini accertassero che si sono commessi dei reati – conclude Collini -, l'ateneo prenderà i debiti provvedimenti”.

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