“Si continua a vivere, ma è un cammino affaticato”

La pieve di Santa Maria Assunta a Condino

Con l’approssimarsi delle Feste dei Santi e dei Defunti nei paesi della Bassa Valle del Chiese, una delle zone più colpite dalla pandemia in Trentino la scorsa primavera, preme un lieve alone di malinconia sul cuore di molti. Impossibile infatti non ricordare le trentanove persone partite in ambulanza dalle comunità di Borgo Chiese o Pieve di Bono-Prezzo verso i vari ospedali della provincia, senza che nessuno dei parenti riuscisse ad immaginare cosa sarebbe loro successo, e incredibilmente tornate solo per raggiungere il cimitero.

La tristezza è tanta. Tuttavia dai ricordi di coniugi, figli, sorelle e fratelli di quanti non ci sono più non emergono, come forse si immaginerebbe, recriminazioni su come si è agito nell’emergenza allora, ma solo la forte speranza che “almeno qualcuno sia stato loro vicino” nel momento della morte.

Così fra tanti è per esempio per Renata Tarolli, di Borgo Chiese, comune dove si è registrato il maggior numero di contagi in valle, che a causa del Covid a fine marzo nel volgere di tre giorni ha perso l’anziana mamma e il fratello, rimanendo l’unica superstite della sua famiglia; così per Beppino Ferrari, compaesano di Renata, che ha perso allora la moglie Beppina, donna ancora piuttosto giovane e fino a quel punto perfettamente sana. “Non ho potuto fare niente, neanche stargli vicino: è quello che fa più male”, sottolinea Renata come altri che hanno perso un proprio caro, quando pensa all’imminente Festa dei Santi e dei Morti di quest’anno.

Certo lei, Beppino e gli altri in queste zone nel lasso di tempo tra inizio primavera e oggi, aiutati e compresi dalla propria famiglia e dagli amici, grazie ai legami affettivi molto forti di parentela e vicinato che ancora sopravvivono in questi paesi, hanno cercato di riprendere quella che era una vita un po’ normale.

“Non ne ha colpa nessuno; non posso far pesare il mio problema agli altri; poi la famiglia aiuta, le mie cognate mi trattano come un fratello”, afferma infatti Beppino. Ma, confida, il ricordo dei propri cari, soprattutto nell’imminenza di questa particolare festa e comunque un po’ ogni giorno, dal fondo del cuore, dove è radicato, ogni tanto emerge vivido. “Sono andato per castagne in questi giorni, le ho raccolte e sbucciate. Ma quando ho cercato la ricetta del dolce di castagne che faceva mia moglie e non la trovavo più, mi è venuta in mente e sono andato in crisi”, racconta.

Avere fede ha sostenuto le persone colpite dal lutto nel proprio immane sforzo di andare avanti? In buona parte sì. Ma non è scontata nemmeno la fede; abituati ad andare in chiesa assieme ai propri cari (Ferruccio, il fratello di Renata, era sagrestano e Giuseppina era piuttosto devota) li si rivedono lì, il cuore va in ansia e il credere può vacillare.

Dispiace solo, conclude Beppino con un pensiero generoso, per quanti nei prossimi giorni e mesi, col riprendere della pandemia, forse incapperanno in situazioni simili, dovendo provare sofferenze e lutti così difficili da superare.

Rielaborare il lutto è sì cosa possibile, afferma in conclusione il parroco delle due Unità Pastorali della zona “Sacra Famiglia” e “Madonna delle Graziedon Vincenzo Lupoli, dall’altra, lenire del tutto il sentirsi privato della presenza delle persone che ci erano accanto non è immaginabile: “Questa Festa dei Santi ha un sapore tutto particolare per quanto si è vissuto in questo periodo di emergenza. Poter visitare il luogo dove i nostri cari riposano riveste sempre un aspetto consolatorio e di contatto con la persona venuta a mancare. La pandemia, in un mondo dove si vuole esorcizzare il pensiero della morte, ci ha riportato al voler essere vicino alla persona mancata”, spiega don Vincenzo. “La vita per qualcuno diventa un cammino un po’ più di solitudine per la perdita di un consorte, per altri può dar luogo a rimpianti; si continua a vivere sì, ma è un cammino affaticato”.

Le celebrazioni delle Feste dei Santi e dei Defunti dei prossimi giorni perciò, suggerisce, oltre che essere momento celebrativo quest’anno dovrebbero anche essere un tempo per ricordare quanto la scorsa primavera abbiamo passato: “Il rischio di dimenticare è alto. Sarebbe bello invece visitare non solo le proprie tombe – conclude don Vincenzo Lupoli – ma anche quelle degli altri, in particolare di chi quest’anno ci ha lasciato, in un grande abbraccio corale”.

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