Anche Gesù ha vissuto l’abbandono

ADOLESCENZA, CHE PASSIONE Rompere un vasetto di una cosa preziosa: che affronto! Da bambini ci insegnano a rispettare le regole, ma nell’adolescenza sentiamo spesso la necessità di infrangerle… vogliamo rompere gli schemi prestabiliti per trovare la nostra strada. Così è stato per me in adolescenza; fare una cosa fuori dagli schemi, se sentiamo che ne vale la pena. Ad esempio, andare in Africa da volontario, invitare a pranzo uno sconosciuto, fidarsi, donare senza garanzie. Perché quel vasetto non è sprecato: è stato un investimento. Come cambiano la prospettiva, questo Gesù e le sue amiche coraggiose e così vicine alla vita degli adolescenti! E ai genitori dai figli “ribelli” dico: “Coraggio, è una fase!”. State vicini ai vostri figli con autorevole dolcezza e, se vale la pena, lasciate che rompano qualche vasetto. Consiglio creativo: provate a colorare il vaso con colori complementari (giallo-viola, blu arancio, rosso-verde): il contrasto è assicurato, pur in armonia! l.m.

DOMENICA 28 MARZO – 2021 DOMENICA DELLE PALME – ANNO B

Is 50,4-7 – Fil 2,6-11 – Mc 14,1 – 15,47

Viviamo un tempo di smarrimento. C’è in tante persone la paura sotterranea di non farcela ad affrontare la fatica di questo tempo malato, di un futuro incerto per il lavoro, per i figli… Molti anziani sentono il peso della solitudine e chi porta nel corpo una qualche fragilità si sente più fortemente minacciato. È come se dalla terra si alzasse un grido, lo stesso grido di Gesù sulla croce: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? » (Mc.15,34). Non è difficile sentirsi abbandonati in questa pandemia che travolge tutto, anche quello che si è costruito con tanta fatica. Ciò che dava senso alla nostra vita (gli incontri, gli abbracci, la gioia di stringersi la mano e di far festa, l’ospitare gli amici in famiglia, il correre dei bambini al parco o sui campi di calcio, lo stare insieme nelle aule di scuola…) è scomparso. Occorre stare lontani dagli altri, occorre difendersi. Anche Gesù, che contempliamo in questa domenica e nella Settimana Santa vive l’abbandono: lasciato solo dai suoi amici, umiliato dai capi del popolo e dai sacerdoti. Gesù non è morto in croce perché hanno vinto i nemici con la loro crudeltà, ma perché gli amici si sono dileguati, addirittura uno lo ha tradito, un altro rinnegato. Guardiamo ai personaggi che popolano il Vangelo di questa domenica, non per condannarli o applaudirli, ma per chiederci da che parte stiamo noi. Guardiamo ai discepoli: nel momento della cena, il momento delle confidenze, della condivisione di pensieri ed esperienze (Mc.14,12-16.22-26). Quell’ultima cena fu solo l’ultima di una lunga catena di pasti che Gesù era solito celebrare con ogni tipo di persone. Sempre, ma soprattutto alla vigilia della sua esecuzione, egli invita tutti a imitarlo: «Questa mia vita non voglio trattenerla solo per me». E anche i cristiani dovrebbero passare per questa terra ripetendo in se stessi qualcosa che lui visse, contribuendo a creare un mondo più umano attorno a sé. Ed è sorprendente oggi: lasciamo che la cena del Signore si perda, senza che questo fatto provochi quasi nessuna reazione tra noi. Anche Giuda (Mc 14,44-45) dovrebbe suscitare una reazione dentro di noi: ci rivela tutto il disgusto e «l’orrore dell’uso dei gesti d’amore per consumare il tradimento delle persone anche più intime e familiari». E guardiamo anche al centurione romano: è sorprendente che un uomo pagano esclami: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Gesù subisce la morte di un povero, di un abbandonato, che nulla può contro i dominatori della terra. E vive la propria morte come un servizio definitivo alla causa di Dio e alla salvezza degli uomini. Questa morte così atroce parla anche alla nostra Europa, dove è grande la tentazione di una religione dal carattere tranquillizzante, una specie di rifugio che libera da certe sofferenze e paure, ma che «non inquieta più nessuno, non possiede nessun incentivo, ha perso la tensione alla sequela di Gesù, non richiama a nessuna responsabilità, ma al contrario se ne scarica» (J.B.Metz). Forse è vero che nel cristianesimo attuale c’è troppo poco grido dei poveri, troppo poco dolore per quelli che soffrono, troppa consolazione e troppo poca fame di giustizia. Vorrei infine che nessuno pensi che è Dio, il Padre, a volere il sacrificio del Figlio perché sia soddisfatto il suo onore; questo è un crimine ingiusto che gli uomini commettono rifiutando Gesù. Solo pensare che Dio esiga simili crudeltà «ha contribuito più di qualsiasi altra cosa a screditare il cristianesimo agli occhi degli uomini di buona volontà di tutto il mondo» (Renè Girard).Noi cristiani confessiamo l’amore insondabile di un Padre che «riconcilia a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe» (2 Cor.5,19).

E secondo voi?

La liturgia eucaristica (la Messa) mi aiuta a vivere come Gesù al servizio del suo progetto?
Riesco a vedere in Gesù crocifisso tutti i crocifissi della terra?

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