Dalla Trento-Cadine alla ciclovia del Garda, Sergio Deromedis racconta le ciclabili trentine

Un tratto della “Ciclovia dell’Acqua” lungo il Sarca in vista di Arco. Foto © Gianni Zotta

Il presidente della Giunta provinciale Fugatti lo ha definito “un riconoscimento per tutto il sistema Trentino”, il premio vinto a livello nazionale dalla Ciclovia dell’Acqua, il percorso ciclabile che da Cadino porta fino a Trento, passando per Rovereto e il Lago di Garda. La cosiddetta “Green Road dell’Acqua” rappresenta infatti il fiore all’occhiello di una rete che da anni è la prima d’Italia nel campo del cicloturismo, sia per presenze che per organizzazione, come ci spiega Sergio Deromedis, direttore dell’Ufficio piste ciclabili della Provincia autonoma di Trento, considerato uno dei “padri” delle ciclabili del Trentino.

Deromedis, come siamo arrivati a questo riconoscimento?
Sono 40 anni che il Trentino investe nelle ciclabili: abbiamo una rete di 450 chilometri, con 2 milioni e 100 mila passaggi all’anno, che crea un indotto economico, nel solo cicloturismo, di circa 110 milioni di euro all’anno, oltre a tanti altri vantaggi. Una rete consolidata, ben gestita, che abbiamo voluto far conoscere fuori dai confini provinciali partecipando a questo concorso, per condividere con altre amministrazioni i benefici della ciclabilità.

Ci presenta il percorso premiato?
Parte da Cadino, al confine con l’Alto Adige, e fa tappa al biotopo della Rocchetta, sul torrente Noce. Seguendo il tema dell’acqua poi si scende lungo l’Adige fino a Rovereto, si sale al lago di Loppio, in questi giorni ancora pieno, da lì si arriva al Lago di Garda per poi tornare verso Trento per la Valle dei Laghi, lungo il fiume Sarca. A Terlago la ciclabile finisce, e per evitare il Bus de Vela, che sarebbe pericoloso, si consiglia una leggera salita fino a Sopramonte, per poi scendere a Sardagna ed infine a Trento attraverso Piedicastello. Il tratto da Terlago a Trento è l’unico promiscuo: un fattore che è uno stimolo a chiudere il cerchio, investendo sulla ciclabile Trento-Cadine.

Della ciclabile del Bus de Vela abbiamo recentemente parlato anche sulle pagine del nostro settimanale, rilanciando la proposta della Circoscrizione Bondone.
È un collegamento di cui si parla molto in questi giorni, richiesto dai territori, dalle circoscrizioni di Trento e dai cittadini. C’è anche un’associazione che lo promuove, e se riuscissimo a realizzarlo, tutto il percorso della Via dell’Acqua sarebbe al 100% su ciclabili protette.

Si tratta di un’opera in previsione quindi?
Non formalmente, ma il progetto è nell’aria. Dal punto di vista tecnico, risolta la priorità numero uno, la ciclabile Trento-Pergine, che fra un paio di anni dovrebbe concludersi, subito dopo viene il collegamento Trento-Terlago.

Si sfrutterebbe la vecchia strada del Bus de Vela?
Probabilmente sì, è l’unica possibilità. Quando ci sarà l’idea politica di realizzare l’intervento e quindi un finanziamento, si inizierà la progettazione vera e propria e si valuterà il percorso, facendo slalom tra i tanti vincoli che ci sono, a partire da quelli naturali, come la forra molto stretta o il rischio di caduta massi. C’è la strada provinciale, c’è un torrente, il rio Vela, che vorremmo valorizzare, quindi non sarà facile trovare una soluzione tecnica.

La questione è in mano alla politica?
Il passaggio fondamentale che noi tecnici aspettiamo è quello: ci sono dei progetti commissionati dal Comune di Trento e quello dell’associazione che conosce bene il territorio e ha fatto un ottimo lavoro, che verrà recuperato nel caso partisse un progetto in tal senso.

Tornando alla situazione generale, quali sono gli obiettivi per il futuro?
La sfida, da qualche anno a questa parte, è quella di mettere in sella i trentini per andare al lavoro o a scuola. Non è un obiettivo semplice, ma calcolando che il 50% dei passaggi sulla sede stradale è di tipo urbano ed è inferiore agli 8 chilometri, ipotizzare che parte di questi spostamenti si possa fare in bici è assolutamente alla portata, soprattutto in un territorio dove la popolazione è già propensa a muoversi come il nostro. Alla gente piace muoversi in bicicletta, basta vedere i dati: nel 2020, nonostante i 3 mesi di lockdown, abbiamo avuto gli stessi numeri del 2019: significa che appena si è aperto sono raddoppiati i passaggi rispetto all’anno prima.

Dipende anche dal boom della bicicletta elettrica?
Certo, è un’innovazione che permette a tutti di andare in bici, anche a chi non è allenato, e consente un uso più largo della bici nella mobilità quotidiana, come recarsi in ufficio senza sudare troppo o fare troppa fatica. La bici elettrica ha tirato via tanta gente dai bar, ha fatto un miracolo dal punto di vista sociale.

Cosa si può fare ancora per migliorare la rete delle ciclabili trentine?
La strategia, che coincide con il programma della Giunta, è quella di collegare le valli con Trento. Abbiamo 12 percorsi che coincidono con le valli del Trentino, che vanno collegate con la Valle dell’Adige.

Storicamente, quali sono stati i passaggi politici fondamentali per arrivare a questo risultato?
L’intuizione di costruire le prime ciclabili risale agli anni ‘80, quando Walter Micheli decise di creare il Progettone. È stata quella la prima spinta da cui è partito tutto, con la realizzazione delle prime ciclabili sugli argini dei fiumi, le più facili ma anche le più lunghe. Da lì in poi c’è stato un impegno costante nello sviluppare questa rete. Nel 2005 è stato istituito l’Ufficio piste ciclabili, che permette una gestione centralizzata dell’infrastruttura e una costanza dei finanziamenti, che le ultime giunte hanno forse addirittura implementato, con il progetto della Ciclovia del Garda.

Un progetto ambizioso, come ve la immaginate?
Sarà una delle ciclabili più belle al mondo. Ci stiamo lavorando con Veneto e Lombardia, ci vuole tempo e impegno, ed il premio vinto oggi, forse, tra qualche anno, lo avremo proiettato su scala internazionale. Non lo diciamo per ambizione, ma perché crediamo nella ciclabilità: è un sistema sicuro, ecologico, che fa benissimo al territorio e a tutti noi.

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