Ida Dalser, una ribelle “testarda e impulsiva” contro il fascismo

Ida Dalser, vista dalla matita di Giorgio Romagnoni

Nel manicomio di Venezia, uno psichiatra le disse che stava sbagliando, che la verità non andava gridata. “Questo è il tempo di tacere, il tempo di essere attori”, aggiunse. “Il personaggio che lei deve interpretare per salvarsi non è della ribelle sempre in agitazione, ma della donna normale, la massaia, ubbidiente, remissiva, taciturna, amante dell’ordine. La donna fascista”.

Queste parole appartengono a una scena del film Vincere (2009), che il regista Marco Bellocchio ha dedicato alla figura di Ida Dalser. Nata il 20 agosto del 1880 a Sopramonte, Ida Irene era figlia di Albino Dalser, sindaco di Sopramonte. La sua storia è rimasta nell’ombra per molti anni. La donna, moglie rinnegata di Mussolini, morì nel 1937, ma di lei si cominciò a parlare pubblicamente solo nel 1945 sulle colonne del settimanale del partito d’azione, L’Azione, e su Settimana Incom in un’inchiesta del giornalista trentino Alfredo Pieroni, che su Ida Dalser e sul figlio ha scritto anche un libro: Il figlio segreto del Duce. La storia di Ida Dalser è stata studiata anche dal giornalista trentino Marco Zeni, che, in seguito a una ricerca durata cinquant’anni, le ha dedicato un libro: La moglie di Mussolini.

Di lei, Neera Fallaci – sorella della più conosciuta Oriana – scrisse: “Una gran rompiballe, ma molto intelligente, battagliera, senza paura di nulla e di nessuno. Sì, talvolta imbrogliava le carte per dare più forza ai suoi argomenti, mistificava un po’, ma sapeva quel che faceva e che diceva”.

Ida Dalser incontra per la prima volta Mussolini nel 1909. Era in mezzo alla folla quando il futuro Duce – che in quel periodo lavorava per L’Avvenire del lavoratore, quotidiano diretto da Cesare Battisti – tenne un discorso a Sopramonte, in occasione di un comizio di socialisti.

Dalser e Mussolini si rincontrano a Milano, nel 1913. Lei aveva studiato Medicina estetica a Parigi e, una volta rientrata in Italia, aveva deciso di aprire un salone di estetica proprio nel capoluogo lombardo: si chiamava “Salone Orientale d’Igiene e Bellezza Mademoiselle Ida”. Era arrivata alla redazione dell’Avanti, dove lavorava Mussolini, per ottenere una pubblicità del suo salone sul giornale. I due si conoscono così, e si innamorano. Una passione travolgente, soprattutto da parte di Ida, che il 20 ottobre del 1914, davanti alla sede dell’Avanti, fa da scudo con il suo stesso corpo a Mussolini, attaccato da un gruppo di militanti armati che gli contestano un articolo interventista. Le posizioni del giornalista, infatti, stanno cambiando: lascia l’Avanti e fonda un nuovo giornale, Il popolo d’Italia. In questo è aiutato – anche finanziariamente – da Ida.

I due si sposano nel 1914 in chiesa, e l’11 novembre dell’anno successivo nasce un bambino, Benito Albino. Un mese dopo la nascita di suo figlio, Mussolini sposa Rachele Guidi con rito civile, diventando a tutti gli effetti bigamo. A Ida e Benito Albino – che viene riconosciuto come figlio legittimo – Mussolini eroga dei sussidi. Nel mentre, però, fa di tutto per cancellare le tracce del suo matrimonio, e nel 1925 celebra un altro matrimonio – stavolta in chiesa – con Rachele Guidi.

Le ragioni che spingono Mussolini a cancellare le tracce del suo matrimonio religioso non sono solo personali, anzi si può dire che siano soprattutto politiche. “La presenza dell’atto di matrimonio religioso poteva rappresentare un ostacolo a rapporti di ben altra portata di Mussolini, ormai padrone d’Italia, con l’Istituzione ecclesiastica”, scrive Marco Zeni in La moglie di Mussolini, che aggiunge: “La Dalser aveva un peso politico insignificante, ma si frapponeva come un ostacolo, per la sua cocciutaggine, capacità di mettersi in mostra, durezza volitiva, imprevedibilità, al progetto politico fascista”.

Ida, infatti, non si rassegna all’abbandono. Comincia una battaglia per ottenere l’affidamento di Benito Albino e i sussidi per mantenerlo, che la porta a trascinare Mussolini in tribunale (e a vincere). Si presenta spesso davanti a Il popolo d’Italia urlando a squarciagola la sua frustrazione, tanto che una volta Mussolini impugna una pistola contro di lei e i suoi collaboratori sono costretti a trattenerlo mentre allontanano la donna. Ida Dalser lo accusa di essere stata “sedotta e abbandonata”, e usa il figlio quasi come un manifesto della sua condizione.

Nel 1926 il regime fascista la fa rinchiudere in manicomio, prima a Pergine e poi a Venezia. Ida non sospetterà mai che dietro questa decisione ci sia suo marito, Benito Mussolini, e continua imperterrita a scrivere su qualsiasi foglio di carta le capiti a tiro per comunicare con l’esterno. Rachele Guidi, moglie di Mussolini, la ricorderà come “un’austriaca molto tenace”.

Ida Dalser perderà i contatti con suo figlio al momento del suo ingresso nel manicomio di Pergine. Benito Albino viene portato via in quello che è stato definito “un vero e proprio rapimento di Stato”. Ida muore al San Clemente di Venezia nel 1937, e al figlio Benito Albino capiterà la stessa sorte solo pochi anni più tardi, nel 1942, quando anch’egli è ricoverato in un ospedale psichiatrico di Milano.

Nel film Vincere, le figure di Mussolini e del figlio Benito Albino passano in secondo piano. Come ricostruisce il critico cinematografico Fabrizio Fogliato, è lei, Ida, a catturare la scena: “una donna che non è solo una semplice ribelle, testarda e impulsiva, ma è l’incarnazione di un’emancipazione femminile ante-litteram, incapace di adeguarsi al ruolo di ‘massaia silenziosa/obbediente’ e ‘angelo del focolare’ (la donna fascista)”.

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