Processo Perfido, in Trentino la prima storica condanna per mafia

Cava di porfido

Sono stati condannati a una pena complessiva di dodici anni e quattro mesi di reclusione i tre imputati giudicati oggi dal Tribunale di Trento nell’ambito del processo Perfido. Il Giudice Enrico Borrelli ha condannato Saverio Artuso a dieci anni e dieci mesi di reclusione riconoscendolo colpevole di partecipazione all’associazione mafiosa; due anni a Mustafà Arafat e uno anno e sei mesi a Giuseppe Paviglianiti, entrambi riconosciuti colpevoli di assistenza agli associati dell’associazione mafiosa. Il Tribunale ha stabilito inoltre, un risarcimento del danno per un valore di 50mila euro per ciascuna parte civile.

Si tratta della prima storica condanna per mafia in Trentino. Le sentenze di oggi, infatti, accertano l’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta anche nella nostra provincia. Quanto emerso dalle indagini e confermato oggi dalla decisione del Tribunale, sancisce che i fatti accaduti a Lona Lases, purtroppo, non sono riconducibili a comune criminalità, ma si tratta di organizzazione di stampo vero e proprio ‘ndranghetista.

“Dobbiamo essere grati a chi combatte il crimine in tutte le sue forme ed infiltrazioni. Il Trentino deve continuare a tener alta la guardia per proteggersi da chi cerca terreni nuovi dove far crescere le proprie attività illegali”, ha commentato il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti: “Il Trentino ha costruito la propria storia e la propria reputazione su valori come la correttezza ed il rispetto della legalità. Ecco perché occorre continuare a vigilare, tutti insieme, affinché la correttezza e la qualità che da sempre contraddistinguono il sistema trentino non vengano inquinate: episodi come quelli cui stiamo assistendo ci dimostrano infatti che i danni, soprattutto quelli immateriali, sono incalcolabili”.

La sentenza è stata accolta con grande soddisfazione da Fillea Cgil e Filca Cisl che si sono costituite in parte civile il 13 dicembre scorso. “Sono state accolte tutte le nostre richieste. Restiamo convinti della necessità oltre che dell’opportunità di prendere formalmente posizione davanti al giudice. Dalle indagini era emerso un quadro di illegalità gravissima, che ha permesso che venissero calpestati i diritti dei lavoratori. Non potevamo restare indifferenti”, dicono Sandra Ferrari con Giampaolo Mastrogiuseppe di Fillea Cgil e Fabrizio Bignotti e Mati Nedzmi di Filca Cisl.

 

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