Cosa chiediamo ai “magnifici sette”

L’abbraccio tra Ambrosi e Ferrari dopo la notizia della loro elezione alla Camera

Erano stati sei gli eletti trentini nel 2018, dalle urne di domenica 25 settembre ne escono invece ben sette che entreranno in un Parlamento per la prima volta “smagrito” (da 945 membri ai 600), aumentando così il peso specifico della nostra Provincia a palazzo Madama e a Montecitorio.

Ci rivolgiamo a loro, ai “magnifici sette” rappresentanti trentini in questa diciannovesima legislatura, che si apre con una maggioranza piena della coalizione Destra-Centro e la probabile designazione di Giorgia Meloni a prima donna Premier nella storia italiana.

In linea con le previsioni della vigilia, ma in contraddizione con quell’80% di consenso popolare allo stile Draghi che ha avuto in Fratelli d’Italia l’unico e strenuo oppositore. Ci rivolgiamo a loro che il 13 ottobre siederanno sui banchi del Parlamento, per condividere alcune attese emerse da questa campagna elettorale.

Non dimenticatevi di chi non ha votato: l’astensionismo che cresce al 36% (preoccupante anche nel nostro Trentino dove col 69% dei votanti, la percentuale è calata di 10 punti rispetto al 2018) è un segnale di protesta più che di indifferenza, probabilmente anche di un disagio: non ci si sente rappresentati. Anche per tutti i disertori delle urne, voi “magnifici sette”, dovete lavorare: per interpretare i loro bisogni nemmeno espressi, per ridare fiducia nel lavoro parlamentare e nelle scelte governative. Fate tesoro di quanto avete sperimentato in questa campagna elettorale: girando nelle piazze e nei mercati, avete certamente percepito la distanza preoccupante in quel terzo della popolazione italiana che non ha poi votato: non ne avverte il dovere, ma del voto non coglie nemmeno l’importanza come diritto. Possiamo sperare che in una relazione costante con la nostra gente il vostro lavoro di rappresentanza possa essere più radicato ed incisivo.

Cercate le alleanze e le mediazioni: come ci testimoniano gli ex parlamentari, il lavoro parlamentare non è fatto solo di contrapposizioni o di risse. Ben presto si rende necessario quello stile “di dialogo e di apertura alle mediazioni possibili” che abbiamo apprezzato in Mario Draghi. A proposito, un promettente segnale simbolico ci è venuto martedì – alla prima riunione post voto del Consiglio provinciale trentino – dalle due consigliere elette nelle coalizioni più contrapposte: Sara Ferrari (Alleanza democratica per l’Autonomia) e Alessia Ambrosi (Fratelli d’Italia) si sono abbracciate con un gesto spontaneo che esprime però anche la consapevolezza di poter/dover collaborare a Roma.

Un’altra prospettiva che vi affidiamo è quella di ispirare la vostra azione non agli interessi del partito (o del consenso personale) ma a quelli degli italiani “più deboli e meno garantiti”. Li ha richiamati anche il card. Matteo Zuppi come priorità nel suo messaggio post voto che evidenzia anche i principali problemi con cui ora vi dovete misurare: “le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, la protezione degli anziani, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, l’accoglienza, la tutela, la promozione e l’integrazione dei migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale”.

Come rappresentanti del Trentino avete anche una responsabilità in più: quella di portare a Roma una visione sana, motivata e aggiornata, ma anche coerente con il dettato costituzionale, di autonomia speciale. Da questo punto di vista il dibattito preelettorale è stato molto scomposto: per un mese e mezzo non se ne è parlato (tanto che abbiamo titolato “Autonomia fuori dall’urna”), mentre nelle ultime due settimane tutti si sono riempiti la bocca di promesse autonomiste. Compresa Giorgia Meloni, con quella frase pronunciata a Trento (“siamo a favore dell’autonomia, ma in uno Stato forte che fa le grandi strategie”) che si presta a varie interpretazioni, compresa quella di non valorizzare la specialità autonomista per riportare quindi di fatto tutte le regioni ad un’uguale “ordinaria amministrazione”.

Non c’è dubbio che il tema si presenta tanto più cruciale in quest’anno che ci separa dal voto provinciale e che vede la Lega col suo governatore Fugatti alle prese con sfide decisive; a cominciare dalla partita discussa delle concessioni idroelettriche, motivo di attrito fra Fratelli d’Italia guidato da Claudio Cia e Progetto Trentino che esprime il vicepresidente della Giunta Mario Tonina.

Nella nostra provincia dalle urne appare indebolita la scelta del Patt di correre con la SVP e tenersi le porte aperte ad ogni alleanza futura, mentre esce rafforzata l’intesa di centrosinistra fra PD, Azione-Italia Viva, Sinistra-Verdi, + Europa e Campobase che – unico esempio in Italia in cui i candidati di Letta erano con quelli di Calenda e Renzi – ha portato a costituire l’Alleanza democratica per l’autonomia, ottenendo l’elezione di Pietro Patton nel Collegio di Trento e l’esclusione per soli duecento voti di Donatella Conzatti nel Collegio di Rovereto.

L’ultima richiesta ad Andrea de Bertoldi, Vanessa Cattoi, Alessia Ambrosi, Sara Ferrari, Pietro Patton, Michaela Biancofiore ed Elena Testor è di smentire la prima parte dell’ormai noto aforisma: “Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alla prossima generazione”.

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