La gioia nasce dal saper attendere

“Andate a riferire a Giovanni…”

“Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca…”
Is 35,1-2

11 DICEMBRE 2022 –  III DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

Is 35,1-6a.8a.10; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

In una società che va di corsa e in una cultura che ama la fretta la Parola di Dio ci fa riflettere sul valore della pazienza e della costanza. In un tempo che ama il brivido della velocità la Parola di Dio invita a saper aspettare senza scoraggiarsi, perché Dio nel realizzare le sue promesse non segue la logica del tutto e subito.

L’invito alla pazienza/costanza che l’apostolo Giacomo rivolge ai cristiani suoi contemporanei è motivato dal fatto che essi fremevano nell’attesa della venuta finale del Signore Gesù. Desideravano ardentemente il suo ritorno e il giudizio col quale egli avrebbe reso giustizia ai suoi fedeli sollevandoli dalle persecuzioni e dalla fatica di una fede perseverante. Ma noi, se vogliamo essere autentici discepoli di Gesù, non possiamo forzare i tempi dell’azione di Dio, né il compimento del suo disegno sulla storia e sul mondo. Per questo dobbiamo imparare dall’agricoltore, che sa rispettare i ritmi delle stagioni: “Egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina” (Gc 5,7-8).

Modello di sopportazione paziente, per Giacomo, sono pure i profeti. Ciò non deve farci ritenere che per chi vive a più stretto contatto con la Parola di Dio la perseveranza diventi una virtù facile. È sempre e comunque una virtù che si acquista con gradualità e che passa attraverso una verifica: la fede ha bisogno di essere messa alla prova. Esemplare, da questo punto di vista, è la vicenda di Giovanni Battista: aspettava un Messia che brandisse la scure della giustizia e facesse piazza pulita dei malvagi, forse anche un Messia condottiero e si ritrova di fronte un Messia che incontra i peccatori, mangia con loro e li accoglie con misericordia, un Messia che non cerca di dare nell’occhio. L’esercizio di fede e di pazienza richiesto da Gesù al Battista è quello di accogliere i segni di salvezza che lui offre anziché quelli che lo stesso Battista aveva immaginato: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (Mt 11,4-6).

La pazienza biblica è allora un misto di costanza e perseveranza nell’attendere da Dio la salvezza, restando fedeli alla sua Parola e fiduciosi nelle sue promesse, pur nella difficoltà del presente.

Questo è possibile quando impariamo a scoprire ciò che Dio opera nella storia a partire da segni umili. La pazienza perseverante e costante del cristiano si nutre di fede e sa vivere con fede anche i momenti bui della vita. Da questa pazienza nasce la gioia, la felicità, il giubilo di cui parla Isaia nella prima lettura: solo chi è paziente potrà veder fiorire il deserto e sorgere l’aurora di un mondo nuovo, trasformato dalla risurrezione del Figlio di Dio e dal dono del suo Spirito.

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