Chiamati a diventare figli nel Figlio

“Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.”. Gv 1,2-3

II domenica dopo Natale – Anno C

Sir 24,1-4.8-12; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1-1-18

Le letture di questa seconda domenica di Natale traboccano di contenuti teologici e di nutrimento spirituale per la nostra vita cristiana. Cerchiamo di indicare uno dei possibili percorsi che esse ci offrono senza volerne per questo limitare o impoverire la lettura e la meditazione personale.

La prima lettura è tratta dal libro del Siracide e medita sulla Sapienza creatrice, la Sapienza che collabora nella creazione del mondo. I primi cristiani hanno intravisto in questi passi biblici il volto di Gesù Sapienza del Padre. Ed hanno letto tra le righe il ruolo del Figlio nella creazione. Il riverbero di questa pagina sapienziale si trova proprio nel prologo del vangelo di Giovanni e in quello della lettera agli Efesini che leggiamo questa domenica, ma si trova anche nel grande inno cristologico che apre la lettera ai Colossesi.

Dio non opera a casaccio. L’incarnazione non è frutto nemmeno di qualche necessità cosmica. Dio agisce con sapienza, secondo un progetto e per amore. Ce ne parlano la seconda lettura e il vangelo di questa domenica: in Gesù siamo chiamati a diventare figli di Dio. È un progetto espressione dell’amore di Dio, proprio perché ci rivela la sua volontà di essere presente in mezzo a noi, di “mostrarci il suo volto”, di comunicarci la sua pienezza di vita, di donarci “grazia su grazia”.

In quanto progetto d’amore ed in quanto proposta d’amore l’incarnazione non schiaccia l’uomo, non violenta il nostro modo di conoscere e di scegliere. Dio accetta e ama la nostra libertà, desidera incontrarci da compagni ed amici, non da schiavi. Dio accetta anche il nostro rifiuto, ma accoglierlo è a solo nostro vantaggio, infatti “a quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,12-13).

Quando noi prendiamo coscienza di ciò che Dio ha operato in noi e nelle persone a noi affidate, quando noi prendiamo coscienza di ciò che Lui ha fatto per noi e per le persone a noi affidate, nasce nel cuore quello stesso sentimento di gratitudine che echeggia nelle parole di Paolo: “continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (Ef 1,16-18).

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