Un viaggio lungo 10 anni per documentare la storia di 130 lager europei: a Pergine e a Borgo la presentazione del libro di Bottoli e Pinzi

Majdanek (Lublino), la baracca delle scarpe

Il libro “1933-1945. Lager Europa. Viaggio nel sistema concentrazionario nazifascista” è una testimonianza vibrante, in parole e immagini, del viaggio lungo 10 anni di Ilde Bottali e Francesco Pinzi, per documentare ciò che rimane di 130 lager eretti in ben 14 Paesi europei, Italia compresa.

La Fondazione trentina Alcide De Gasperi propone due presentazioni del libro: giovedì 19 gennaio a Pergine (ore 14.30), presso la biblioteca dell’Istituto Marie Curie, e venerdì 20 gennaio a Borgo (ore 14.15), presso la Sala Rossa della Comunità di Valle. Collaborano all’organizzazione i licei Marie Curie e Alcide Degasperi. Insieme agli autori, oltre agli studenti, salirà sul palco il professor Gustavo Corni, tra i massimi esperti di storia del nazionalsocialismo.

GLI AUTORI

Ilde Bottoli e Francesco Pinzi hanno sempre avuto una particolare sensibilità per l’impegno civile. Insegnante di storia e organizzatrice di viaggi della memoria lei, sindacalista lui: una vita spesa per dare voce ai più deboli, calpestati dalla storia e dal presente. Ma quando Francesco giunge alla pensione e si ammala qualcosa cambia. La paura di non avere più molto tempo, il bisogno di non sprecarlo: nasce così la scelta di partire insieme per rintracciare, fotografare e documentare l’immensa galassia dei lager europei.

In 10 anni ne trovano 130, percorrendo con il loro vecchio camper 245 mila chilometri. Non solo in Germania e Polonia, dove si trovano i lager più noti, ma anche in Danimarca, Austria, Repubblica ceca, Olanda, Belgio, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia, Francia, Croazia e Italia. Scoprono così che se in alcuni (pochi) casi i campi sono stati resi luoghi di memoria, in molti altri si è fatto di tutto per nasconderli e dimenticarli. Il loro diventa così un viaggio nella rimozione, più che un viaggio della memoria: un’occasione per ridare dignità a chi, benché vittima, è rimasto a lungo escluso dalle semplificazioni retoriche con cui spesso rileggiamo la storia.

“In questi anni – affermano i due autori – siamo arrivati dove non va mai nessuno, abbiamo calpestato una terra impastata con le ceneri di milioni di Europei, ma non cercavamo di documentare l’orrore, che non si vede più: solo la solitudine, il silenzio, la dimenticanza. Perché sia un atto di giustizia, la memoria deve riguardare tutti”.

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