Il grano della pace e la zizzania

Roma, 25 febbraio 2023. La Manifestazione per la Pace.

“Avevamo seminato grano. Come mai è spuntata la zizzania?”: così, in un racconto evangelico, parlano gli angeli rivolti al buon Dio. È la domanda che ci facciamo in tanti oggi. Come mai sono spuntate così tante guerre, anche questa in Europa, dopo che – istruiti dalla tragedia di due guerre mondiali – avevamo messo le basi per istituzioni e regole che avrebbero dovuto impedire
altri conflitti?

Come è potuto succedere che, dopo la fine dei blocchi ideologici contrapposti, dopo il crollo del muro di Berlino, si moltiplicassero i muri in Europa e fossimo nuovamente in balia di alleanze militari? Come può l’Unione Europea, nata sulla scommessa politica dell’impossibilità di una guerra grazie alla messa in comune del carbone e dell’acciaio prima, quindi dell’energia atomica e quindi delle monete, trovarsi oggi così appiattita sulle scelte della Nato? Come è possibile che nel terreno dissodato da buone pratiche di collaborazione internazionale e di processi federativi, germini il virus di una nuova spartizione del mondo in buoni e cattivi, in “noi” e “loro”, a mascherare l’accaparramento in poche mani delle risorse di una terra fatta per essere casa comune dell’umanità? No! Non è questo quello che avevamo seminato!

Occorre guardare in faccia lo scempio umano, spirituale e materiale, economico e politico che ogni guerra produce – come dopo un anno è evidente anche nel teatro ucraino – e dire forte e in tanti che non va bene! Che non bisogna accettare sulla martoriata Ucraina né l’afasia rassegnata che via via negli ultimi mesi ha preso il posto dell’indignazione, né la propaganda bellicista che si trastulla con la parola “vittoria” mentre invoca armi, ancora armi, sempre più armi. Di quali erbacce si va infestando il mondo? Sarebbe questo l’“Occidente” di cui andare fieri? No! Non ci vedranno seduti a questa “curva” della tifoseria, sempre più simile ad un club di privilegiati che chiude gli occhi ed alza muri al diritto umano più elementare, quello di vivere.

Dall’esperienza di questo tunnel buio, di ipocrisie e d’involuzioni, può e deve riprendere l’iniziativa popolare come argine alla follia dell’escalation militare. Non ne usciremo se continueremo a pensarci come nazioni, mentre tutto è ormai interconnesso nel pianeta. Cambiamo paradigma e riconosciamo finalmente all’umanità, di ogni colore e lingua, il titolo di “soggetto politico di riferimento”. Cominciamo con un sonoro: basta! Basta con la delirante minaccia delle armi nucleari e basta con le armi, tutte, e con quanti vi si arricchiscono. Basta con un sistema che, mentre risparmia su beni di prima necessità, su istruzione e salute, moltiplica la spesa in aggeggi per ammazzare. Lo dobbiamo dire per dignità e per logica. Lo dobbiamo dire come cura per la nostra unica casa comune, la Terra. Lo diciamo per il noi-umanità, di cui noi donne, forse oggi più che mai, possiamo essere la voce.

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