Un pane quotidiano per una vita eterna

Domenica 11 giugno 2023 – SS. Corpo e Sangue del Signore – Anno A

Dt 8,2-9.14-16; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo». Gv 6,51

In una società opulenta come quella Occidentale abbiamo bisogno anche noi di essere condotti dentro qualche deserto per riscoprire il sapore essenziale e sacro di quelli che sono gli alimenti più semplici. Nessuna meraviglia, è stato così anche per il popolo d’Israele. Ha dovuto camminare quarant’anni tra le sabbie, le steppe e le rocce del Sinai per imparare che il cibo, qualunque cibo, è dono di Dio e va accolto con stupore, con senso di meraviglia, con spirito di gratitudine. Questo vale per ogni cibo, per quello che ci ritroviamo sulla mensa frutto dell’orto di famiglia, per quello che comperiamo al supermercato cellofanato ed etichettato. Il cibo è sempre e comunque dono di Dio, il cibo che mangiamo ha la nostra stessa origine: viene dall’amore di Dio che crea.

Data questa premessa, scopriamo qualcosa di più. A Dio non è bastato farsi creatura e condividere la nostra vita. Sedersi a mensa con noi non era ancora abbastanza. Era ancora troppo poco per esprimere il suo amore smisurato. Dio ha voluto farsi nostro cibo, ha voluto nutrirci di sé, donare se stesso per noi, farci partecipare alla sua stessa vita. Le parole di Gesù sono piuttosto esplicite al riguardo: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me» (Gv 6,51.53-54.57). Celebrare l’Eucaristia vuol dire perciò riconoscere che il senso della nostra vita è partecipare alla vita di Dio, è accogliere questo dono da Dio stesso, è riconoscere che questo dono si realizza in quel pane ed in quel vino che nell’Eucaristia diventano corpo e sangue di Cristo.

Quel pane e quel vino non creano però solo un legame intimo tra il credente e Gesù Cristo, quel pane e quel vino creano un legame indissolubile tra credente e credente: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1Cor 10,17). Mangiare il corpo eucaristico del Signore, fare la comunione, significa accettare di costruire comunione tra le persone, dentro e fuori la propria comunità. Nutrirsi di Cristo a Messa e trascurare le persone quando la Messa è finita sarebbe una terribile contraddizione nei confronti dell’Eucaristia ricevuta, sarebbe uno sconfessare con la vita ciò che abbiamo professato a parole e celebrato nel rito.

Bella e significativa è la preghiera che la liturgia propone dopo la comunione e possiamo farla nostra non solo questa domenica, ma ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia: “Donaci, Signore, di godere pienamente della tua vita divina nel convito eterno, che ci hai fatto pregustare in questo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue”.

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