Testimoniare Cristo nelle difficoltà

Domenica 25 giugno 2023 – XII domenica – Anno A

Ger 20,10-13; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33

«Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Mt 10,32

Quando percepiamo di essere chiamati da Dio vien facile pensare: “Dio è con me, Dio mi ha chiamato, per questo tutto quello che farò nel suo nome avrà buon esito, funzionerà, avrà successo”. Poi ci accorgiamo che le cose vanno diversamente. Allora rientriamo in noi stessi, cerchiamo di trovare un senso alle difficoltà, alle ostilità, talvolta alla freddezza che il nostro annuncio o la nostra azione incontrano. E scopriamo quello che la Bibbia afferma dalla prima fino all’ultima pagina: in tante situazioni ed eventi, Dio sembra essere perdente. Ed è, paradossalmente, anche accettando di perdere che Dio costruisce la sua vittoria finale. La sconfitta più grande sarà la morte in croce, che però diventerà la modalità scelta da Dio proprio per sconfiggere la morte, non evitandola ma attraversandola.

Se andiamo a confrontarci con personaggi biblici come Geremia, che sente le insinuazioni di coloro che lo circondano, percepisce l’ostilità, la sperimenta sulla propria pelle, allora ci domandiamo: “Chi mi darà la forza per resistere in queste circostanze? Solo la certezza che il Signore è al mio fianco!” (cfr. Ger 20,11).

Se andiamo a confrontarci con la vicenda e con le parole di Gesù, scopriamo che dopo una breve ed entusiasta adesione alla sua persona ed alla sua predicazione arriva il momento del rifiuto, del rinnegamento, della solitudine e della condanna. E dove trova Gesù la forza di andare avanti e di percorrere una via che lo porta inevitabilmente alla condanna ed alla morte? Nel suo rapporto col Padre, che non viene meno un solo istante.

Se andiamo a confrontarci con la vita dei discepoli, scopriamo che fin dall’inizio il Maestro li ha avvertiti: incontrerete ostilità e persecuzione, ma non dovete aver paura, perché la vostra vita è sempre e comunque nelle mani del Padre, che vi conosce e vi ama (cfr Mt 10,28-29). È questa serena coscienza che Dio ci è costantemente vicino a sorreggerci nella vita e nella testimonianza che siamo chiamati a rendere a Gesù nel corso della storia. L’apostolo Paolo insiste spesso su una parola, la parola “grazia”. È la grazia di Dio, che è stata riversata con abbondanza su ogni credente a far sì che non veniamo meno nella nostra vocazione e nella nostra missione.

Oggi a livello mondiale non sono cessate le persecuzioni dirette, quelle che puntano all’eliminazione fisica dei cristiani ma, soprattutto nelle società occidentali, si è insinuata una forma di ostilità fatta di discriminazione, di occultamento e di cancellazione dei contenuti della fede, dei valori morali e anche dei simboli cristiani. In un contesto del genere è ancor più difficile per noi testimoniare di essere discepoli di Gesù Cristo ed è più urgente la preghiera suggerita dalla liturgia: “O Dio, che affidi alla nostra debolezza l’annuncio profetico della tua parola, liberaci da ogni paura, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con franchezza il tuo nome davanti agli uomini”.

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