Perché “farsi bambini” e ripartire da loro

LO SPUNTO:

Nel libro “Farsi bambino” si discute su fatti concreti, partendo da una storia concreta di “vero amore” che abbiamo vissuto in Neonatologia, un Amore che ci ha permesso di semplificare le cure, ma che può arrivare anche a semplificare alla base sia la religione, con le frasi evangeliche (trascurate) di Gesù, quando disse che per rinascere occorre partire dal più piccolo bambino (il “nipio” nel testo greco, l’“infante”, quello che non sa ancora parlare), sia la politica, da sempre guidata da “grandi”, non certo educati da piccoli al vero amore. I “diritti” di libertà e uguaglianza possono realizzarsi infatti solo in un mondo di vera fraternità. è questa poi la lezione del Buon Samaritano, che di fronte all’uomo ferito “si fermò, si commosse, scese dalla sua cavalcatura, lo curò e risalì’ con lui”. Le parole chiave sono scendere, curare, risalire insieme. Ma il Buon Samaritano lo fece perché così era stato educato nella sua famiglia. Più che lui dobbiamo copiare la sua Mamma, chiamata a porre, nei primi 1000 giorni di vita, le più sicure fondamenta per la sua futura personalità. – Dino Pedrotti

Dino Pedrotti, il pediatra e neonatologo trentino che ha visto (e “fatto”) nascere migliaia di bambini (moltissimi in situazioni difficili, “prematuri”, a rischio) ha scritto il suo ultimo libro “Farsi bambino, farsi neonato, maestri di amore e di pace” (Erickson) compiuti i 90 anni, non per festeggiarne il traguardo, ma per aprire una finestra sul futuro che spetta a noi preparare. Ma soprattutto l’ha scritto – lo si avverte fin dalle prime pagine – per gratitudine. Gratitudine verso chi gli ha dato la vita, verso i genitori e la famiglia che lo hanno fatto crescere, verso chi l’ha educato e poi aiutato nei “bivi” delle sue scelte. L’ha scritto per gratitudine verso i neonati più indifesi, che magari pesavano solo pochi etti, che l’amore e la dedizione di mamme, infermiere, medici hanno fatto nascere e che gli hanno insegnato (hanno insegnato ai “grandi”) come il segreto della vita, della pace, dell’amore, stia nei mettersi nei panni dei più deboli, di chi ha bisogno di tutto: stia nel neonato che non sa nemmeno parlare, il “nipio” come lo chiama il Vangelo nel testo greco, l’“in-fante”, che Gesù dichiara “fonte di Verità nascosta a dotti e sapienti”. E poi: “Se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli”.

Pedrotti pone queste citazioni evangeliche quasi come “incipit”, come premessa al suo testo e alle sue argomentazioni, rimarcandone l’eccezionalità anche laica (duemila anni fa i bambini venivano considerati da tutte le società antiche poco più di oggetti) assieme all’attualità, posto che questa visione della centralità del bambino non si pone certo in contrasto con le ultime frontiere della ricerca e della consapevolezza scientifica. Tutt’altro. Gli studi sul Dna, l’epigenetica, la crescita evolutiva confermano infatti come il bambino, fin dalla sua nascita (ed anche durante la gravidanza) non sia una “tabula rasa”, un sacco vuoto da riempire di sollecitazioni e informazioni, ma porti con sé, nell’impronta originaria dei suoi cromosomi, tutto l’universo con gli impulsi che lo muovono. Lo Spirito.

Il bambino è aperto allo spirito creatore e creativo, non è ancora appesantito da pregiudizi e influssi distortivi, per questo “sente” e impara più di un sapiente. Ma per questo è anche così importante che il suo percorso venga guidato da una “e-ducazione” capace di estrarne le potenzialità, le attese, le curiosità, senza essere sommerso da “imposizioni” o sollecitazioni confusamente esterne, egoistiche, consumistiche, volte a determinarlo o a piegarlo (ma “e-ducazione” deve essere, senza lasciare spazi a prepotenze, arroganze, capricci di bullismo…). Le implicazioni, le fasi di questa e-ducazione (di questo “tirar fuori” le verità che il bambino ha dentro) vengono quasi scandite da Pedrotti nei capitoli del libro “Farsi bambino, farsi neonato”, ripercorrendo le occasioni e le “azioni concrete” della sua vita, ma anche i pensieri che le hanno accompagnate, con gli “insegnamenti” ricevuti dalla famiglia, – fondamentali – e da tutti quelli che l’hanno aiutato a metterli in pratica, dai bambini in primo luogo, dalle mamme, dalle infermiere ai colleghi di reparto, prima all’Ospedalino, poi al Santa Chiara. Ecco la gratitudine. Con una avvertenza. Il libro potrebbe anche apparire, a prima vista, un manuale pedagogico, una sorta di “istruzioni per l’uso” su come far crescere un piccolo. Ma non lo è. Su questi temi Pedrotti ha già accompagnato gli “atti concreti“ del suo impegno di pediatra e neonatologo con pubblicazioni di grande impatto e successo come “Bimbi sani e felici” che ha diffuso 80 mila copie. Diffuso (mamme, infermiere, comunità…) non “venduto” perché Pedrotti non ha mai voluto lucrare sui suoi scritti. E neppure è una sorta di “testamento spirituale”.

Il libro vuol essere piuttosto un “manifesto del futuro” un investimento di speranza attraverso le nuove vite che nascono e il “farsi bambini” che è cosa diversa dall’essere bambini. “Farsi” per mettersi al loro livello, per misurare i problemi del mondo attraverso le loro esigenze di amore, di pace, di stare insieme. I bambini non vogliono i litigi, le guerre, le discordie… Il libro raccoglie, come tessere di un mosaico che completa un grande disegno di vita, riflessioni, pensieri, prospettive che la venuta al mondo di un bambino apre per tutta l’umanità, esamina le nuove speranze che il mondo attende, ma anche le responsabilità che esse richiedono. Per questo è un libro che aiuta a vivere anche chi non ha bambini, che salda davvero il cielo e la terra. Come s’è detto Pedrotti non nasconde una gratitudine anche commossa verso chi l’ha educato e fatto crescere, riproponendo la sua esperienza. Centrale, senza “scorciatoie” e alibi, risulta il rapporto con la mamma nei primi anni e con la famiglia che è struttura sociale, ma anche biologica insieme, posto che unisce spirito e corpo, valorizzazione del carattere e crescita evolutiva in quanto la specie umana è mammifera, la mamma allatta nei primi mesi e nutre di tenerezze e affetti, il papà introduce al gruppo, che può però essere comunità o branco, che può esprimere la solidarietà del samaritano, ma anche il bullismo del violento. Ed è proprio su questa discriminante che si rivela l’importanza di un indirizzo educativo, prima in famiglia, poi nella scuola e nei rapporti interpersonali. È un libro tutto da leggere e da tenere con sé quello di Pedrotti perché è pieno di illuminazioni e dialoghi positivi per “grandi” e bambini.

C’è nel libro una pagina dedicata alla famiglia che lo riassume un po’ tutto, e lo rende dono e stimolo allo stesso tempo. Merita leggerla. «Evidentemente per realizzare questo (“farsi bambino”) sono fondamentali i comportamenti dei familiari e un dialogo positivo con gli insegnanti della scuola elementare e dell’infanzia… Nella società odierna in nome della libertà la famiglia è messa in forte crisi, ma rappresenta sempre il mondo in cui il bambino pone le basi più forti della sua personalità… Si sono dimezzate le nascite, aumenta la violenza giovanile, c’è il bullismo, le droghe… Ma si vedono anche molti fatti positivi ai quali riferirsi. L’amore aumentato a un mondo di fraternità è sempre più presente, con una forte misura di volontariato a livello universale. Molti sono i samaritani. Come però abbiamo osservato samaritani non si nasce, lo si diventa nei primi anni di vita in famiglia. Poi si deve far cultura e informazione per farsi deboli con i più deboli. Il “grande” deve ri-nascere e imparare dal bambino come e verso dove orientare il proprio cervello. Se penso alla mia vita, a tutto quel che ho fatto e a quel che sono, dipendono da un positivo ambiente familiare e di lavoro e da ben pochi meriti miei. So che i miei genitori vissero felici i miei primi mille giorni. Erano generosi, parchi, sereni, comprensivi, e così due fratelli. Il papà era ferroviere, io ero curioso e chiedevo sempre “perché”».

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