Quante spine nel bilancio (visto che i soldi non ci sono)

Il Governo Meloni

La vecchia “finanziaria”, oggi legge di bilancio è stata raramente un momento facile per il governo. Certamente non lo è per Giorgia Meloni che col suo ministro dell’economia Giorgetti ha dovuto fare scelte più che impegnative, come sempre succede quando i soldi non ci sono e il ricorso al debito è reso difficilissimo per una situazione di deficit molto pesante. Ha puntato a dare qualcosa ai redditi medio bassi per accreditare la sua immagine di leader “sociale” ed estenderla all’intera maggioranza e questa è senz’altro una buona cosa. Ha pagato qualche prezzo alla demagogia elettorale, ma in fondo è stata robetta: una piccola facilitazione sulle tasse alle partite IVA, un modesto incremento delle pensioni minime, un po’ di interventi a sostegno della maternità, una vaga norma sull’avvio del ponte di Messina (ma alcuni dubitano che per questo ci sia poi davvero un contenuto finanziario per il 2024). L’obiettivo è prevenire la sfiducia critica dei mercati che devono comprare i nostri titoli di stato visto che abbiamo fatto ulteriore debito: dunque austerità nella spesa e tempi rapidi di approvazione.

Non sappiamo se riuscirà a raggiungere il suo obiettivo. La prima debolezza è che la situazione finanziaria ha imposto di varare interventi che varranno per il solo anno prossimo: la situazione dei conti pubblici non consentiva impegni di lungo periodo, ma questo non sarà visto bene dagli analisti come si nota già dalle prime critiche che girano. La seconda è che ci pare incerto che siano misure destinate a rafforzare il consenso verso il governo, perché c’è poco di decisamente impattante. Le opposizioni speculano su questo aspetto, ma sono incapaci di proporre una politica realmente alternativa, perché i soldi che non ci sono per il governo, non ci sono nemmeno per sostenere eventualmente le loro proposte piuttosto banali.

Troviamo francamente un po’ ridicole le lamentazioni sul fatto che avendo la premier chiesto che i parlamentari della maggioranza non presentassero proposte di modifiche (invitando anche le opposizioni ad essere responsabili) avrebbe leso i diritti del parlamento ridotto al ruolo di semplice claque per il governo. In un sistema politico che almeno in teoria rimane fondato sui partiti i dibattiti ed i conseguenti accordi sul “che fare” andrebbero presi in quelle sedi prima dei dibattiti alle Camere: di fatto così si faceva quando il sistema funzionava. Lasciare campo libero ai parlamentari per intervenire con modifiche sulla legge di bilancio significa semplicemente consentire ai parlamentari, singoli o raggruppati, di fare del lobbismo per le loro clientele. Una vecchia prassi scontata e ampiamente già vista, che certo non è da rimpiangere se ci verrà risparmiata.

Come sempre in questi casi il problema sarà quanto l’impianto prudente disegnato nella legge di bilancio potrà reggere in caso di tempi che si facessero calamitosi. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma tutti sappiamo quanto sia incerto e volatile il contesto: quanto peserà il costo delle guerre in corso a seconda della loro evoluzione, come si stabilizzerà o non si stabilizzerà l’Unione Europea vuoi per le tensioni presenti (è in corso una spaccatura non banale sull’atteggiamento verso Israele e i palestinesi fra la von der Leyen e il commissario agli esteri Borrell, nonché il presidente Michel), vuoi per quelle che possono arrivare dall’esito elettorale (come si è visto prima in Spagna e adesso in Polonia il presunto vento favorevole ai conservatori è per ora a dir poco deboluccio). Le variabili sono molte, alcune anche relativamente banali: per esempio, se come prevedono alcuni avremo un inverno rigido la questione del prezzo del gas si evolverà in un modo, se come l’anno scorso sarà un inverno abbastanza mite andrà in modo diverso.

Meloni rimane pur sempre a capo di una coalizione che è tenuta insieme più che altro dalla spartizione del potere. Salvini ultimamente si è moderato pur con qualche sbavatura demagogica a cui non sa rinunciare, ma al momento ha una piccola posizione di vantaggio: se le cose andranno male darà tutta la colpa alle scelte della premier, se volgeranno in positivo si attribuirà il merito di avere concorso ad esse (e non c’è da dubitare che lo sosterrà lasciando intendere di aver avuto un ruolo fondamentale). Per ora l’autunno è caratterizzato purtroppo da eventi internazionali preoccupanti e ciò distoglie l’attenzione dalle questioni della nostra politica interna. Ma queste ci sono e prima o poi si faranno sentire.

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