Un figlio amato che ci fa figli

Illustrazione di Fabio Vettori

DOMENICA7 GENNAIO 2024 – BATTESIMO DI GESÙ – ANNO B

Is 55,1-11; 1 Gv 5,1-9; Mc 1,7-11

«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» Mc 1,11

L’episodio del battesimo di Gesù al Giordano è apparentemente noto perché narrato da ben tre evangelisti e raffigurato in molti battisteri delle nostre chiese. Eppure, ogni evangelista racconta questo fatto da un punto di vista particolare.

Marco, ad esempio, in 1,9-11, racconta che “recandosi al Giordano Gesù si unisce all’immensa folla che attende di essere battezzata, senza che alcuno lo riconosca. Mentre i vangeli di Matteo, Luca e dello stesso Giovanni parlano esplicitamente di un riconoscimento del Cristo da parte del Battista, in Marco non c’è traccia di tutto questo: manca ogni dialogo tra i due; la lacerazione del cielo, la discesa dello Spirito e la voce divina sono presentate come rivelazioni indirizzate e manifestate esclusivamente a Gesù; le folle, come pure Giovanni, restano all’oscuro di quanto sta accadendo” (G. Perego, Marco, ed. San Paolo, p. 46-47).

Sembra quindi che questa sia un’esperienza profondamente personale di Gesù, che prefigura in qualche modo l’esperienza del battezzato. Infine, viene stabilito un legame tra il battesimo di Gesù e la sua morte in croce: al battesimo si lacerano i Cieli e si apre lo spazio divino, alla morte si lacererà il velo del tempio (Mc 15,38) e si aprirà in Gesù Crocifisso una possibilità nuova di incontrare Dio, alternativa a quella dell’antico tempio. Al battesimo è Dio stesso a testimoniare: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11), sotto la croce sarà un centurione pagano: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,38). Secondo la prima lettera di Giovanni tre testimoni garantiscono che Gesù è il Figlio di Dio: lo Spirito, l’acqua ed il sangue. La collocazione di questo brano nella festa del battesimo del Signore ci induce a riflettere sulla missione di Gesù a partire da questa triplice testimonianza.

Il grande biblista R. Brown sintetizza l’interpretazione di questi versetti: “tutti i cristiani giovannei riconoscono i poteri vivificanti dello Spirito, del battesimo e dell’eucarestia; ed essi dovrebbero riflettere che tutti tre erano già stati simboleggiati nell’effusione dello Spirito, dell’acqua e del sangue sulla croce (Gv 19,30-35).

Pertanto, i sacramenti testimoniano il carattere salvifico della morte di Gesù; e costituendo le persone figli di Dio e nutrendole con cibo e bevande celesti, i sacramenti costituiscono i mezzi nei quali i veri credenti partecipano all’azione con cui Cristo vinse il mondo (Gv 16, 33)” (R. Brown, Le Lettere di Giovanni, Cittadella, p. 815-816). A partire quindi dal battesimo di Gesù e dalla sua morte in croce, grazie al dono dello Spirito, riflettiamo sulla nostra iniziazione cristiana (Battesimo, Confermazione, Eucarestia) e sulla nostra vocazione cristiana, che consiste nell’essere diventati figli di Dio grazie alla fede, e all’aver accolto l’etica dell’amore: “Chi ama colui che ha generato ama anche chi da lui è stato generato. Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti” (1 Gv 5,1-2).

Risuonano quindi vere anche per noi le parole: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11). Possiamo vivere da figli di Dio perché inabitati dallo Spirito del Figlio e possiamo vivere secondo l’etica dell’amore fino al dono di noi stessi.

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