In cerca dell’autentica relazione con Dio

Illustrazione di Fabio Vettori

3 marzo 2024 – Domenica III Quaresima B

Es 20,1-17; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25

«Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». Gv 2,16

Autenticità è una parola che ha oggi un significato molto positivo: descrive la persona coerente e trasparente, le cui manifestazioni esteriori corrispondono alla ricchezza interiore. In questo senso oggi si parla spesso del desiderio di autenticità. È il desiderio di vivere una vita ricca di significato, una vita nella quale uno si sente a proprio agio con se stesso, con la propria storia, con gli altri, con l’ambiente, con Dio. È il desiderio, quasi il bisogno, di sentire che la propria esistenza è coerente con una serie di valori, con una proposta d’impegno o un ideale di vita. Le letture di questa domenica, a modo loro, vengono incontro proprio a questo nostro desiderio di autenticità.

In questa prospettiva possono essere letti i comandamenti. Già un Padre della Chiesa come Cesario di Arles (470 circa – 542), sintetizza così il valore delle “Dieci Parole”: “Dobbiamo sapere che i dieci comandamenti della Legge sono portati a compimento anche dai due precetti del Vangelo: amore di Dio e amore del prossimo. […] Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti” (cfr. Cesario di Arles, Sermoni 100A,12). I comandamenti sono perciò donati da Dio a tutti coloro che appartengono al suo popolo, che sono stati liberati dalla schiavitù, proprio per poter vivere autenticamente liberi, nell’alleanza con Lui (amore di Dio) e nella fraternità tra di loro (amore del prossimo). Collocarsi al di fuori di questa prospettiva dopo aver ricevuto il dono della libertà divina vuol dire piombare in qualche nuova forma di schiavitù, e i precetti positivi e negativi hanno lo scopo di indicare un percorso esigente e permanente per rimanere liberi e per crescere nell’autentica capacità di amare Dio e il prossimo.

Per l’evangelista Giovanni la vita, le parole e le opere di Gesù Cristo sono un’unica grande proposta di autenticità. La sua azione “violenta” contro un modo commerciale e chiassoso di vivere la religione e di usare il Tempio costituisce un forte richiamo a ciò che è essenziale: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!» (cfr. Gv 2,16). Il Tempio deve esprimere sempre più la possibilità concreta di incontrare Dio, dev’essere un luogo di incontro con il Padre. Anzi, Gesù preannuncia che il luogo dell’autentico incontro col Padre sarà lui stesso, nella novità pasquale della sua condizione di Risorto: “«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Ma egli parlava del tempio del suo corpo” (cfr. Gv 2,19). Anche alla Samaritana (cfr. Gv 4,23) ricorderà che la vera adorazione è quella in Spirito e Verità.

Paolo, a sua volta, annuncia in forma paradossale questa strana via all’autenticità che si rivela non attraverso il successo mondano, ma attraverso l’apparente insuccesso e la follia del mistero pasquale: “mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1,22-24).

Che la sapienza e la potenza del Crocifisso guidino anche noi sulla via dell’autentica libertà alla quale conduce l’amore per Dio e per i fratelli vissuto fino al dono di sé.

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