L’Università di Trento nella ricerca internazionale contro il tumore al colon retto

Credit: Federico Nardelli

Un team internazionale sarà al lavoro, nei prossimi cinque anni, per scoprire i meccanismi che collegano l’insorgenza precoce del tumore al colon retto e per testare nuove strategie per combattere questa malattia. Della squadra di ricercatori fa parte – unico italiano – Nicola Segata, professore del Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata – Cibio dell’Università di Trento e dell’Istituto europeo di oncologia.

Il progetto si chiama Prospect ed è stato selezionato insieme ad altri quattro dalla Cancer grand challenges, un’iniziativa di finanziamento globale co-fondata da Cancer research Uk e dal National cancer institute che sostiene scienziati e scienziate di tutto il mondo che si riuniscono in gruppi di ricerca per studiare modi innovativi di affrontare le malattie oncologiche. Il team era tra i 176 team selezionati che hanno presentato proposte di ricerca sul cancro.

Il team, guidato da Andrew Chan del Massachusetts General Hospital e da Yin Cao della Washington University di St. Louis, riceverà fino a 25 milioni di dollari per portare avanti la ricerca. Al Dipartimento Cibio andranno quasi 750 mila dollari.

L’obiettivo della ricerca è sviluppare nuovi metodi per valutare il rischio e prevenire il cancro del colon-retto negli individui con meno di 50 anni. La squadra di ricerca selezionata è formata da persone provenienti da 5 paesi del mondo che lavoreranno in ottica interdisciplinare. Si va dalla biochimica all’oncologia, dall’epidemiologia all’epigenomica, dall’immunologia alla gastroenterologia.

L’Università di Trento si occuperà della parte di microbiologia. “In particolare – spiega Nicola Segata – ci concentreremo sui potenziali fattori di rischio collegati al microbioma, cioè l’insieme di microbi del corpo umano. In base alle ricerche condotte nel nostro laboratorio abbiamo visto che c’è un legame con le persone che hanno questo tipo di tumore. Ma sono di solito pazienti con più di 50 anni”. “Vogliamo indagare – aggiunge Segata – quali sono gli elementi che anticipano la malattia nelle persone più giovani. Capire quali microrganismi intestinali e orali possono rappresentare un potenziale fattore di rischio. Ma cercheremo anche di scoprire come questi microbi possono essere acquisiti e trasmessi da una persona all’altra. Se la dieta o un certo stile di vita li favoriscono oppure no”.

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