Quando le liturgie coinvolgono la comunità

Il Venerdì Santo in Duomo. Foto (c) Gianni Zotta

Lo spunto

Gentilissimo de Battaglia, dopo le celebrazioni pasquali, al termine della Messa nella piazza della chiesa di Santa Caterina a Roveré della Luna, echeggiava la frase: “Non si uscirebbe più dalla chiesa”. Questo profondo sentimento di partecipazione è stato reso possibile innanzitutto grazie all’azione dello Spirito Santo, che agisce sempre, anche quando non sembra evidente, ma un ruolo importante va riconosciuto anche al nostro parroco, monsignor Giulio Viviani.

Con premura e attenzione, monsignor Giulio ha reso le celebrazioni Quaresimali e Pasquali davvero belle, creando un’atmosfera coinvolgente che ha toccato persino coloro che potrebbero non essere molto interessati alle questioni religiose. Anche la comunità stessa ha contribuito a rendere la liturgia speciale, grazie al coro Sant’Anna (giovanile) e Santa Caterina (adulti), che solitamente animano rispettivamente le Messe del sabato sera e della domenica mattina.

La celebrazione del Sabato Santo di quest’anno è stata resa ancora più intensa quando don Giulio ha rimosso il velo che copriva la statua in legno del Cristo Risorto, scolpita dall’artista locale Luca Pojer e recentemente donata da una famiglia d iRoveré della Luna. Questa statua, che impreziosisce la chiesa, ha aggiunto ulteriore bellezza alla Messa.

Al termine della celebrazione, il don ha ringraziato tutti coloro che si sono dedicati a rendere magnifiche le liturgie della Settimana Santa, ma in realtà siamo noi fedeli a dover ringraziare il Signore per averci donato don Giulio.

Continuiamo a nutrire la nostra fede e in ogni celebrazione sentiremo con sempre maggiore evidenza la presenza di Gesù tra noi.

Giuliano Preghenella

Caro Preghenella, la Settimana Santa si è conclusa con la Pasqua, ma i suoi riti, che fanno memoria delle ferite che il nostro male, nel mondo, ha inferto al Cristo e che la sua resurrezione è venuta a redimere, a perdonare, a riscattare anche in chi non crede se non vede, ed è dubbioso sulla fede come Tommaso, si prolungano in questi giorni post-pasquali e assumono il significato di una “via” che indica la strada della salvezza e che si riassume nel saluto che Cristo rivolge ai discepoli, testimoni privilegiati del suo ritorno “La pace sia con voi”. È il saluto che Gesù ripete anche a Tommaso dopo otto giorni dalla sua prima apparizione, di domenica cioè (la seconda domenica di Pasqua) a significare che quella è la “sua” giornata, che è la giornata del Signore e della Chiesa, in cui gli apostoli, testimoni privilegiati perché hanno cenato con lui nell’Ultima Cena, nell’Eucaristia, condividono il pane con i fedeli, con il popolo di Dio.

E anche Tommaso crede, mentre “la pace sia con voi” diventa la missione e il ruolo della Chiesa, pur con tutte le imperfezioni che l’essere costituita da persone umane può attribuirle. Ma non è un caso che papa Wojtyla abbia fissato proprio in questa domenica “in Albis” la Domenica della Divina Misericordia. Né che all’Angelus papa Francesco l’abbia richiamata domenica scorsa.

Crediamo così che sia in questa prospettiva pasquale, di rinascita, perdono e misericordia che possa essere intesa la bella lettera che viene da Roveré della Luna, la gioia della comunità per i riti partecipati della Settimana Santa, il loro prolungarsi in queste settimane, la loro gratitudine per il parroco che trasmette al popolo la testimonianza del sacerdozio (“Sacerdos in aeternum”), mentre lo stesso mons. Lauro dalla Cattedrale si rivolge ai preti della diocesi per dire che l’arcivescovo non è un gendarme dell’istituzione Chiesa (anche se il nome propriamente indica un sovrastante: “chi guarda sopra”), ma un fratello, un “primo fra i pari”, che tiene ordinata la casa certo, e porta aiuto, sostegno e consiglio,
ma anche misericordia e pace.

La gratitudine a don Viviani per aver fatto sentire alla comunità di Roveré della Luna di essere “Chiesa” attraverso i riti della Settimana Santa va poi al di là del caso specifico e si estende a tutti i sacerdoti che in questa fase storica si trovano impegnati nelle comunità del Trentino, spesso “pendolari”, con fatica e pericoli fra una chiesa e l’altra, spesso consapevoli dei propri limiti personali, spesso incompresi. In questo senso la lettera esprime gratitudine perché la “bellezza” dei riti è proporzionale al senso di Chiesa che trasmettono e che resta radicato nei paesi, come ha detto – sempre in Cattedrale durante la meditazione del Venerdì Santo un altro arcivescovo trentino, mons. Bregantini: “Anche se calano i frequentatori, anche nelle nostre valli c’è sete di spiritualità, bisogno di relazioni”.

Sono giorni di primavera, per i contadini sono giorni di potatura: “Quando pota il contadino taglia, ma non getta via niente”. Poi nascono i nuovi germogli.

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