Dall’Università di Trento uno strumento aiuta a interpretare i risultati di analisi su singole cellule

Un team internazionale coordinato dall’Università di Trento ha messo a punto uno strumento bioinformatico per chi lavora con i dati più avanzati della biologia molecolare. Si chiama Cell Marker Accordion e aiuta a interpretare i risultati di analisi su singole cellule, rivelando anche la presenza di cellule alterate legate a patologie come leucemie, mielodisplasie o tumori solidi.

Negli ultimi anni le analisi dei dati a singola cellula e a risoluzione spaziale hanno rivoluzionato la ricerca biomedica, permettendo di osservare cosa succede in un campione biologico con dettagli mai visti prima. Tuttavia, interpretare questi dati non è semplice perché i diversi software restituiscono risultati spesso molto diversi e difficili da confrontare. A partire dall’osservazione di questa criticità, un gruppo di ricerca dell’Università di Trento ha elaborato “Cell Marker Accordion”, uno strumento bioinformatico che rende più chiara e robusta l’identificazione dei tipi cellulari nei dati di nuova generazione. La ricerca è stata condotta con la collaborazione dell’Università di Yale (Stati Uniti), dell’Università di Trondheim (Norvegia), del Policlinico di Milano e dell’Istituto di Biofisica del Cnr. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications.

Uno dei punti di forza è l’accessibilità. Oltre al pacchetto software per chi ha competenze bioinformatiche, è disponibile una versione web che può essere usata facilmente anche da chi non programma, grazie a un’interfaccia intuitiva. Tra gli obiettivi futuri c’è quello di adattare lo strumento a nuovi tipi di dati e mantenerlo aggiornato nel tempo, così da garantire alla comunità scientifica uno strumento sempre affidabile.

Il progetto è stato sviluppato al Dipartimento Cibio e ha coinvolto gruppi di ricerca con competenze specifiche, dai tumori cerebrali ai tumori del sangue. Tra i partner ci sono i team coordinati da Paolo Macchi, Maria Caterina Mione, Luca Tiberi dell’Università di Trento e da Gabriella Viero del Cnr. A questi si aggiungono Giulia Biancon (Policlinico di Milano), l’Università di Trondheim e Stephanie Halene, della School of Medicine di Yale. Lo studio è stato condotto con il sostegno di Airc, Ail Trento e Bolzano, Fondazione Vrt, un bando a cascata del centro nazionale per lo Sviluppo di Terapia Genica e Farmaci con Tecnologia a RNA (Pnrr) e il dipartimento di eccellenza Cibio.

 

vitaTrentina

Got Something To Say?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

vitaTrentina