Dentro i binari del futuro

Treno a vapore in transito alla stazione ferroviaria di Pergine Valsugana in una rievocazione storica che unisce passato e presente – Foto Gianni Zotta

Dalle tradotte dei profughi in partenza per la Moravia alle carrozze con i liceali diretti in Polonia sul “Treno della memoria”. Per rivedere il passato del nostro Trentino basta mettersi sulla pensilina di una stazione, che è formidabile osservatorio per intravvedere i binari del nostro futuro. Ecco motivata la tematica di questo atteso numero monografico di Ferragosto nel quale le ricerche dei nostri collaboratori “di valle in valle” ci hanno confermato la ricchezza di quanto le nostre stazioni – nei capoluoghi e nei borghi di periferia – hanno vissuto e stanno ancora vivendo. Come sono nate, come hanno cambiato volto, come sono state trasformate in centri intermodali oppure, dopo la loro chiusura, come sono rinate a vita nuova, luoghi della memoria o della cultura.

Hanno visto cambiare le partenze, un tempo determinate dal bisogno e dalla speranza di un lavoro migliore e poi dalla possibilità di viaggiare per turismo o dalla scelta ecologica della rotaia. Hanno accolto arrivi da altri Paesi, ad arricchire i nostri paesi di nuove famiglie.

Ma le stazioni non sono mai state soltanto un passaggio. Rappresentano un luogo dell’anima, che diventa casa familiare per tutti, dove – anche quando i treni partono e non bisogna arrivare in ritardo – il tempo si ferma. Una lunga attesa, un appuntamento, una chiacchierata, un bacio. Chi non serba un ricordo, al bar o in biglietteria o nel sottopassaggio? Trovo significativo che le Ferrovie dello Stato stiano raccogliendo storie di pendolari (studenti, lavoratori, artisti, innamorati) per un documentario sull’umanità che passa dalle stazioni. Esse rappresentano pure un campione sociologico dei rapporti fra i ceti, le generazioni, le etnie. Sulle panchine della stazione ci aspetta e ci interroga l’emarginazione, da lì dovrebbe partire anche il primo intervento assistenziale, più che la repressione o la rimozione del disagio. Lì possiamo sperimentare relazioni di aiuto, senza lasciare che – modernizzandosi – le stazioni diventino anonimi contenitori come tanti centri commerciali, dove nessuno si saluta e tutti si evitano. Piace incontrare anche lì dentro gruppi o associazioni che creano angoli di incontro e di socialità; viene alla mente il ricordo della Messa nella mezzanotte di Natale celebrata in stazione a Trento dalla Pastorale Sociale oppure gli inviti dell’indimenticabile don Giuseppe Grosselli ai ferrovieri della Trento-Malè per la festa annuale di Cristo Re: la stazione si è fatta chiesa.

Resta infine il dibattito su quali scelte sempre più necessarie di ecologia integrale possono favorire i treni rispetto agli altri trasporti inquinanti e come dobbiamo valorizzare i terreni delle stazioni dismesse o interrate. Sono approfondimenti per i quali un numero speciale di Vita Trentina a Ferragosto non basta proprio: per questo non perderemo il treno della cronaca e ne continueremo a parlare anche nelle future edizioni del nostro settimanale

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